Abbiamo 181 visitatori e nessun utente online
Dalla rivista D-M-D' n° 13
Nella teoria e nella prospettiva attuale della transizione dal capitalismo contemporaneo al comunismo possibile, è essenziale oggi riprendere criticamente la riflessione attorno a quelle coordinate produttivistiche, tecno-idolatriche e antropocentriche che hanno caratterizzato ampia parte della teorica comunista tra fine Ottocento e Novecento. L’esigenza che emerge oggi è muoversi in orizzonti nuovi che più radicalmente affrontino la necessaria coniugazione di umano e naturale. L’articolo che segue vuole essere uno spunto per avviare un confronto su questi temi, ed è a sua volta il primo prodotto di un dibattito in corso.
Nella sua riflessione sulla transizione dal capitalismo al comunismo, Trotsky[1] affronta la questione di una riprogettazione di massa di uno spazio di vita integrato umano-naturale sulla terra.
Trotsky prospetta infatti un coinvolgimento di massa – e non solo di architetti e ingegneri - nella progettazione di città-giardino, in una dinamica sociale che tende all’estinzione della divisione del lavoro.
Dalla rivista D-M-D' n° 13
È noto come la gestazione de Il Capitale abbia impegnato un lungo tratto della travagliata esistenza di Karl Marx. Nondimeno è possibile individuare diversi punti cruciali all’interno della riflessione marxiana, non omogenea né progressiva, ma piuttosto impegnata in una inesausta riflessione relativa alle “tre fonti e tre parti integranti del marxismo”[1], una delle quali riteniamo abbia una certa rilevanza relativa agli aspetti metodologici che, sin dai Manoscritti economico-filosofici del 1844, non ha mai smesso di occupare parte cospicua dell’analisi di Marx. Ci riferiamo al patrimonio del pensiero filosofico tedesco, in particolare alla pesante eredità esercitata dalla ricerca hegeliana con cui, è possibile dire, l’autore del Manifesto si è costantemente misurato durante tutta la sua esistenza.