Mario Draghi, ovvero il salvatore della patria

Creato: 22 Febbraio 2021 Ultima modifica: 22 Febbraio 2021
Scritto da Carmelo Germanà Visite: 971

La santificazione di Mario Draghi è uno degli eventi più nauseanti a cui abbiamo assistito in questi anni. Dai politicanti di tutti gli schieramenti, ai giornali, allevampir televisioni, ecc. tutti a genuflettersi al cospetto del nuovo Messia. Tanto che in Senato, nel suo discorso di insediamento a capo del governo, l’ex banchiere, ora sua eminenza ed ecologista allo stesso tempo, ha sentito il dovere di fare riferimento al collega Sua Santità papa Francesco, citandolo a proposito dei guasti alla natura e delle probabili conseguenze pandemiche causate dall’uomo: «Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore».

Naturalmente il papa, e tanto meno Draghi, non possono precisare che a distruggere il pianeta è questo sciagurato sistema che si chiama capitalismo. Non sono i proletari i responsabili del disastro, i quali per vivere sono costretti a vendere la propria forza lavoro, ma i borghesi che antepongono alla vita i loro profitti, il denaro a qualunque altra cosa.

Ma cosa ha detto il neo Presidente del Consiglio per sollecitare tanto entusiasmo? Assolutamente niente di nuovo, se non la riproposizione di generiche formulazioni già espresse dal precedente governo, come la necessità di vaccinare in fretta la popolazione, sulla strategia per i progetti del Next Generation Eu, sull’emergenza ambientale, sull’apertura delle scuole, sulla crisi economica e del lavoro, sul futuro dei giovani, e via dicendo. Niente di diverso da quanto stava programmando il governo Conte. A conferma di tutto questo, in continuità con la decisione più importante da prendere, cioè la spesa dei 210 miliardi di euro del Next Generation Eu, noto anche come Recovery Fund, Draghi ha aggiunto: «Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l'equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva». Specificando che alcune voci, soprattutto quelle riguardanti la tutela dell’ambiente, vanno meglio precisate. Ci fa sorridere che il finanziere a capo del governo si riscopra ecologista a tutto tondo. E’ molto più probabile, anzi certo, che alla base di tanto buon sentimento green ci sia il business industriale delle fonti rinnovabili e di tutto ciò che ruota intorno a tali produzioni. Lo sviluppo sostenibile è la nuova frontiera del capitale, dietro lo slogan verde si vuole mascherare la natura perversa del capitalismo, che a fronte di qualche risultato tecnologico raggiunto, di contro riversa quotidianamente il suo carico inquinante nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Senza contare la cementificazione prodotta dallo sviluppo delle enormi megalopoli e un’infinità di altri problemi che stanno portando al collasso il pianeta.

Per la verità su un punto Draghi è stato preciso, il futuro dei giovani e la loro istruzione: «In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. E’ stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia». Come vuole Confindustria anche in Italia va creata con maggiore determinazione una forza lavoro adeguata alle nuove necessità del mercato, in continuità con la precedente formula scuola-lavoro. Ma soprattutto, aggiungiamo noi, con la prospettiva di trasformarla in manovalanza precaria e sottopagata.

Sempre rincarando la dose sulla condizione giovanile il cui futuro sarebbe penalizzato, secondo la propaganda borghese, dai loro padri qualora non rinunciassero ai presunti privilegi di cui godono nella situazione presente, la storiella è vecchia. E’ a partire dagli anni ottanta che, a seguito delle ristrutturazioni aziendali, tutti i governi insieme a padroni e sindacati fanno ingoiare sacrifici ai lavoratori con la scusa che andranno a beneficio delle future generazioni. Nel frattempo i giovani sono invecchiati e nulla è cambiato se non in peggio, ma il ritornello continua a essere sempre lo stesso. Naturalmente i borghesi non fanno riferimento a se stessi e ai loro figli quando chiedono rinunce e privazioni, ma si rivolgono ai proletari somministrandogli la solita ricetta consistente nello stringere la cinghia e accettare le costrizioni del capitale.

Se sostanzialmente i programmi sono identici perché Conte è stato denigrato e Draghi osannato? Il problema rientra tutto nelle beghe miserevoli tra i partiti, in Italia il ceto politico borghese è di infima qualità. Nel calderone della politica nostrana il M5S è sempre stato osteggiato dal potere economico e dalle lobby che ruotano intorno al mondo degli affari. La storia del movimento è legata più alla società civile che non alle consorterie economiche, una volta giunto al potere il M5S si è trovato a essere un corpo estraneo alle trame consolidate tra interessi politici e imprenditoriali, e a tutto quel sottobosco di faccendieri di palazzo che caratterizzano la tanto decantata democrazia borghese. Una gestione più “pulita” della cosa pubblica, seppur tutta interna al sistema, portata avanti dai 5Stelle evidentemente non è stata gradita e quindi liquidata tramite le manovre dell’ignobile drappello della banda renziana.

Il personaggio Draghi, al contrario, rappresenta la certezza, l’affidabilità per il capitale nazionale ed europeo, strenuo difensore dell’euro, dell’autonomia e del protagonismo dell’Unione europea nel mondo. In poche parole il nuovo capo del governo italiano è una garanzia per il capitalismo del Vecchio Continente, fautore di un’Europa forte capace di giocare un ruolo primario nella competizione economica tra blocchi e nello scontro interimperialistico destinato ad acuirsi nel tempo. Forte del ruolo riconosciutogli Draghi ha avocato a sé e al suo fidato Ministro del Tesoro Daniele Franco l’amministrazione del Recovery Fund. Questo è il punto essenziale, tutto il resto viene dopo, è un pasto meno appetitoso per i partiti, i quali si sono precipitati tutti insieme nel governo di salvezza nazionale per spartire la torta a nome delle stratificazioni borghesi di riferimento. I registi di questo disegno, Mattarella e Draghi, sanno bene con chi hanno a che fare, e hanno pesato col bilancino la spartizione delle poltrone nella speranza che tutta la baracca regga per il tempo necessario. Se l’iniziativa avrà successo poco importa l’indecente ripescaggio di vecchie cariatidi berlusconiane come la Gelmini e Brunetta. Come pure la creazione del dubbio Ministero della Transizione Ecologica, contentino per i 5Stelle, usciti con le ossa rotte da tutta la vicenda. E pure beffati dato che alla guida dell’ambiente sono stati messi uomini più inclini agli affari che alla tutela dell’ecosistema.

Concludendo, la grande ammucchiata parlamentare capitanata da Draghi, che va dai grillini alla lega, da destra a sinistra, comporterà lacrime e sangue per i proletari. Il capitalismo in crisi, la pandemia, e tutti i flagelli che questo marcio sistema ci infliggono non possono trovare soluzione attraverso le istituzioni borghesi. Ci vuole “una ventata di aria fresca” nella società, fuori dalle stanze del potere, le quali sono sempre più inutili e superflue per la vita dei proletari.