Originario e futuribile in una lingua sconosciuta

Creato: 02 Maggio 2018 Ultima modifica: 02 Maggio 2018
Scritto da Laura Ruocco Visite: 2274

La semantica della lingua Jedek segno di una struttura sociale libera da vincoli di classe.

lingueanomaleE’ del 9 febbraio 2018  la notizia pubblicata dal quotidiano La Repubblica[1] relativa alla scoperta di una nuova e sorprendente lingua parlata da una tribù, finora sconosciuta, della Malesia.

 Studi sulle lingue delle popolazioni pigmee dei Semang  hanno permesso, ai ricercatori dell’Università di Lund[2], di verificare l’esistenza di una lingua fino ad oggi sconosciuta, utilizzata da circa 280 parlanti, priva di termini relativi al concetto di proprietà.  Tale lingua ha il nome di Jedek, e, a detta degli studiosi, è utilizzata da una piccola popolazione  in cui “tutti gli abitanti del villaggio devono possedere le capacità necessarie per sopravvivere in una società di cacciatori raccoglitori, e devono essere pronti a collaborare e condividere risorse e proprietà. Abitudini che si riflettono a pieno nella loro lingua.”

 Sostanzialmente, tale lingua riflette l’organizzazione di una società in cui vige immediata corrispondenza fra individui e organizzazione sociale, ossia privo degli istituti tipici che le società classiste sono costrette a darsi per sancire la divisione del lavoro, dei generi, la proprietà. Ci si trova evidentemente di fronte a un organismo sociale molto vicino a quelli caratterizzati da una forma di  comunismo primitivo, quale delineato da Engels ne “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato”, riprendendo studi di antropologia a lui coevi. E’ significativo che la lingua Jedek sia anche priva di termini riferentisi a concetti collaterali e dipendenti  dalla proprietà.  In assenza di qualunque scissione interna della società, conseguenza della divisione del lavoro, le differenze di genere e professione non hanno ragione di trovare uno spazio concettuale tramutato in segno, fonetico o scritto. Tantomeno ha senso la sottrazione di beni, frutto del lavoro in cooperazione di tutti gli individui, tant’è che molteplici sono invece le parole in lingua Jedek indicanti la condivisione. Conseguentemente, manca addirittura il concetto relativo al giudizio e alla punizione della comunità nei confronti del singolo. In tale società, infatti, è completamente assente l’idea di tribunale, contrassegno, non a caso, delle prime organizzazioni sociali in forma statale. L’istituzione del diritto e di luoghi in cui esso si esercita accompagna, o, meglio, è elemento caratterizzante delle società classiste, insieme all’esercito e alla burocrazia, non casualmente tutti mezzi di controllo e dominio dell’uomo sull’uomo.  

Non è difficile traslare le forme originarie dell’umanità in quella in cui vigerà consapevolmente la produzione e l’appropriazione sociale dei beni utili al mantenimento e riproduzione dell’umanità.  La lingua Jedek è una riprova, se ancora necessaria, di quanto teorizzato dal comunismo scientifico sin dai suoi albori,  ossia la sostanziale artificialità delle divisione della specie in generi, classi e funzioni, frutto del mercato delle merci e della divisione del lavoro, ipnotico nella sua prassi ripetitiva, coercitiva, e distruttiva, ma anche nella falsa coscienza che la giustifica e sostiene. Se, con Wittgenstein, si desidera sostenere che i limiti del linguaggio sono i limiti del proprio mondo, non si può che plaudire a un linguaggio privo di riferimenti a forme di sfruttamento, prevaricazione, punizione e che sappia, al contrario, declinare l’attività umana condivisa nelle sue sfumature, quelle davvero illimitate, come infinite sono le potenzialità umane liberate dalle catene delle società di classe.

 

[1]http://www.repubblica.it/scienze/2018/02/09/news/in_malesia_e_stata_appena_scoperta_una_nuova_lingua-188453523/

[2] https://www.degruyter.com/view/j/lity.2017.21.issue-3/lingty-2017-0012/lingty-2017-0012.xml