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Oggi è un semplice rito ludico e folcloristico privo di qualsiasi contenuto, e neppure lontanamente richiama il conflitto insanabile fra borghesia e proletariato, benché le condizioni di vita e di lavoro di quest’ultimo stiano costantemente peggiorando: il numero dei lavoratori poveri infatti sta crescendo all’inverosimile, tanto che i salari tendono a scendere anche al di sotto di quello che Marx chiamava il limite vitale.
Da una parte, un numero sempre più ristretto di individui possiede e controlla la stragrande maggioranza della ricchezza e tutti i mezzi per la sua produzione e, dall’altra, un numero sempre più grande di super sfruttati è costretto a vendersi alla giornata per un salario di fame.
Così oggi, al contrario del 1890, nell’epoca dei computer e dei robot, si firmano accordi per prolungare la giornata e la vita lavorativa, come se fossimo agli albori del macchinismo e della grande industria.
Questa è la conseguenza dell’uso capitalistico delle macchine.
Oggi, infatti, anche se da un punto di vista tecnico sarebbe possibile ridurre drasticamente la giornata lavorativa e assicurare a tutti i lavoratori condizioni di vita veramente umane, accade l’esatto contrario.
Il fatto è che nella società capitalistica la forza-lavoro è una merce: e quando una merce abbonda, il suo prezzo (in questo caso il salario) è destinato inesorabilmente a diminuire. E ciò mentre una nuova generazione di macchine basate sulla microelettronica sta per fare il suo ingresso in tutti settori lavorativi.
E’ stato calcolato che negli Usa, già nel 2011, per ogni 4,6 lavoratori vi era un solo posto di lavoro disponibile; nel 2012, nonostante una lieve ripresa dell’economia, a fronte di 400 mila nuovi posti di lavoro nel settore dell’high tech ne sono stati cancellati due milioni (grazie all’applicazione delle tecnologie di ultima generazione). Importanti centri di ricerca internazionali calcolano che nei prossimi 10-15 anni andranno perduti, su scala mondiale, dai 4 ai 6 posti di lavoro su dieci.
Diventeranno superflui non solo lavoratori scarsamente qualificati ma anche tecnici di fascia alta quali ingegneri, medici, biologi, commercialisti, piccoli e medi imprenditori e perfino giornalisti. Si annuncia, cioè, una società costituita da una esigua minoranza di sfruttatori e una stragrande maggioranza di proletari super sfruttati, condannati a fungere da pure appendici del sistema delle macchine. Lavoratori in lotta fra di loro, che potranno soddisfare i loro bisogni vitali alla sola condizione di negarsi totalmente come uomini per farsi semplici cose usa e getta.
Cambiare il modo di produzione capitalistico, cambiare gli attuali rapporti sociali è perciò tanto attuale quanto urgente e necessario.
Ma ciò implica che anche il moderno proletariato, come quello del 1890, si riconosca innanzitutto come classe sfruttata, inconciliabilmente contrapposta alla borghesia, e, al contempo, anche come l’unica classe che può porre fine all’attuale sistema basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e avviare la costruzione di un’autentica società comunista.
Con lo scopo di contribuire a una nuova sistematizzazione teorica e politica dei problemi della rivoluzione comunista nel XXI secolo, è nato l’Istituto Onorato Damen. L’istituto, che è aperto al contributo di tutti coloro che hanno a cuore le sorti del proletariato e che non intendono in alcun modo rassegnarsi alla barbarie capitalistica, edita la rivista di critica dell’economia politica D-M-D’.
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