La Fraction de la Gauche Communiste International (Fgci) e quella certa agitazione che disorienta i militanti della Tci….

Creato: 28 Marzo 2013 Ultima modifica: 17 Settembre 2016 Visite: 3494

Qualche mese addietro, in risposta al nostro articolo “Sulla rottura della sedicente assemblea proletaria permanente di Bologna”[1], in cui esprimevamo, evidenziandone le innumerevoli contraddizioni, le nostre considerazioni critiche sul fallimento di quell’esperienza, in risposta ricevemmo, da parte di Battaglia Comunista, una valanga di insulti nel più delicato dei quali venivamo tacciati, con una funambolica inversione delle parti, di essere gli eredi di Vishinsky, il famigerato procuratore sovietico che condusse i processi contro gli oppositori del regime staliniano. Ma con l’attenuante, generosamente concessaci, d’essere addivenuti a tale ruolo in seguito a impazzimento cultural provinciale. Poiché nell’invettiva non vi era un solo rigo dedicato al merito della nostra critica e vi era invece uno stupido e insulso riferimento al compagno Mauro Stefanini,[2] ritenemmo una nostra replica del tutto inutile. E se vi ritorniamo ora non è per un tardivo ritorno di fiamma della vis polemica, ma solo perché nell’ultimo numero del Bullettin Communiste  Internazional, l’organo della Fraction de la Gauche Communiste International (Fgci), molto vicina alla Tci, ci si accusa, insieme  ai compagni di Controverses e di Collegamenti, di costituire “un aspetto particolare dell’offensiva ideologica della borghesia contro il comunismo” e di essere pertanto responsabili di aver “provocato una certa agitazione tra i compagni ( della Tci - n.d.r.) e la rimessa in causa degli orientamenti politici che avevamo in comune (chi, Fgci e Bc? n.d.r.).”

 

In altre parole, di costituire, con la nostra critica, un ostacolo alla faticosa opera di costruzione del partito della rivoluzione comunista a cui faticosamente attende la Tci. La conferma del nostro tradimento, al di là di ogni ragionevole dubbio, sarebbe data dall’aver, per parte nostra, dichiarato “il fallimento storico della sinistra comunista”. L’accusa, in quanto tale, si commenta da sé; nondimeno, benché non brilli per senso della misura e fantasia, ci offre lo spunto per un’ulteriore riflessione sulla crisi di quella Sinistra comunista di cui la Fgci, peraltro in compagnia di un’infinità di gruppi e gruppettini e tutti radicalmente opposti gli uni agli altri, rivendica l’eredità.
Avendolo già fatto in più occasioni, non riprenderemo la nostra valutazione critica sulla base della quale siamo pervenuti alla conclusione che questa esperienza, pur per moliti versi grandiosa, sia da considerarsi storicamente conclusa[3] per limitarci, invece, pur rifuggendo dalla tentazione di replicare a una sciocchezza con un‘altra sciocchezza, a rilevare come proprio questa accusa costituisca un’ulteriore conferma che parlare di Sinistra comunista e di un morto che cammina è, di fatto, la stessa cosa. Infatti, se assunta come vera implica necessariamente il corollario che la nostra critica e il bilancio che facciamo di quella esperienza, hanno una valenza, se non superiore, almeno pari a eventi che non è un azzardo definire di portata storica.

Negli ultimi quaranta anni è accaduto il finimondo ma la rivoluzione comunista, nonostante la Tci, non avanzerebbe, stando a quanto afferma la Fgci, per causa di qualcuno che sostiene ciò che è sotto gli occhi di tutti e cioè che oggi dire Sinistra Comunista è dire nulla.

Evidentemente a questi compagni non deve essere giunta voce che, per esempio, l’Urss non c’è più. Ossia che è venuto meno quell’unico elemento con cui per molto tempo si è potuto fare riferimento alla Sinistra comunista come a un’area politica con una sua precisa connotazione che la identificava come ben distinta rispetto allo stalinismo a e a tutti i suoi succedanei. E ciò  nonostante sia stata sempre attraversata da profondissime divergenze teoriche e politiche come dimostra la sua frantumazione in un’infinità di partiti, gruppi, sottogruppi e loro frazioni.

Ma, probabilmente, non è giunta loro neppure l’eco della rivoluzione industriale, tuttora in corso, basata sull’introduzione della microelettronica nei processi produttivi né dei profondi mutamenti che essa ha determinato nell’organizzazione e nella divisione internazionale del lavoro, nella composizione di classe del proletariato con la scomparsa dell’aristocrazia operaia e la proletarizzazione di ampi strati di piccola e media borghesia. Ma neppure dell’avvenuta unificazione del mercato del lavoro su scala mondiale e della conseguente costituzione del più grande esercito industriale di riserva di cui abbia disposto il capitalismo in tutta la sua storia.

Così come dell’affermarsi delle moderne forme del dominio imperialistico basate sulla produzione di capitale fittizio per cui una consistente frazione della borghesia internazionale ha potuto costituirsi come una classe globale capace di imporre la difesa e la conservazione dei propri precipui interessi di classe mediante lo strettissimo controllo dei mercati finanziari e, tramite essi, delle politiche economiche e monetarie degli Stati nazionali o anche, come nel caso della Ue, sovranazionali.

In altre parole, sono profondamente mutati tutti i termini del conflitto di classe e finora sempre e solo a tutto svantaggio del proletariato ma  per la Fgci l’ostacolo all’avanzata del comunismo saremmo noi e i compagni di Controverses e di Collegamenti .

Noi riteniamo che per comprendere le reali articolazioni della offensiva ideologica della borghesia contro il comunismo al fine di poterne cogliere i suoi possibili ed eventuali punti di sgretolamento, non si possa in alcun modo prescindere dall’analisi critica di tutti questi nuovi dati - inerenti al conflitto di classe - condotta a filo del più rigoroso materialismo storico. E di farlo considerando l’esperienza della Sinistra comunista italiana non come un marchio assoluto di per sé qualificante ed identitario, ma appunto come un’esperienza da cui attingere per andare avanti. “Noi non consideriamo affatto la teoria di Marx come qualcosa di definitivo e di intangibile; siamo convinti, al contrario, che essa ha posto soltanto le pietre angolari della scienza che i socialisti devono far progredire in tutte le direzioni, se non vogliono lasciarsi distanziare dalla vita” (Lenin, “Il nostro programma”, 1899).  E invece siamo ancora qui a dover sentire di Vishinsky e del tradimento di un fantasma, che è, al contempo – come il famoso personaggio di Pirandello - Uno, nessuno e centomila, cioè tanti quanti sono i gruppi che si richiamano alla Sinistra comunista rivendicandone la patente che li qualifichi unici eredi e fedeli custodi del suo patrimonio.

Si pensi, per esempio, proprio a quel partito di cui la Tci, come peraltro ognuno degli innumerevoli gruppi a essa affini, ritiene di essere il nucleo fondante. Ebbene si dice Partito Comunista internazionalista o internazionale e si entra nel pieno di un ginepraio inestricabile: Centralismo democratico, Centralismo Organico, Centralismo dialettico, Partito Scienza, Dittatura del proletariato, Dittatura del Partito e anche chi il partito lo vede come il fumo negli occhi.

Perfino nella stessa Battaglia comunista, che della Tci è il gruppo di riferimento, le idee al riguardo sono molto confuse. Mentre nella sua piattaforma politica si è sempre fatto esplicito riferimento alla concezione leninista del partito - coerentemente ripensata tenendo conto dei rapporti interiperialistici del momento ( bipolarismo Usa/Urss), nonché della trasformazione del sindacato da organismo della lotta economica e cinghia di trasmissione fra il partito e la classe, a strumento della conservazione borghese - nel corso del tempo se ne è di fatto affermata un’altra di marca nettamente movimentista e sconfinante, per certi aspetti, nel più becero parasindacalismo, così che oggi tutto il suo agire si risolve nell’inseguire ogni sorta di “Comitati di lotta e assemblee territoriali”, movimenti del “ tipo No Tav / No Dal Molin” o nell’inventarseli di  sana pianta come la sedicente Assemblea proletaria di Bologna, i cosiddetti Amici di Spartaco e il neonato Gruppo bolognese anticapitalista - Iskra. E perfino, a  proposito di aspetti particolari dell’ideologia borghese, di una bottega di frutta e verdura spacciata per un  Gruppo di acquisto proletario.

Giorgio Paolucci


[1] Cfr. L. Procopio – Sulla rottura della sedicente assemblea proletaria di Bologna

[2] Nell’invettiva in questione gli si attribuisce, post mortem, la tesi secondo cui la  caduta tendenziale del saggio medio del profitto sia determinata dall’incremento della produttività sociale del lavoro e del plusvalore relativo e non dalla modificazione della composizione organica del capitale. Per ulteriori eventuali approfondimenti su questa questione rinviamo al saggio La legge della caduta tendenziale del saggio medio del profitto e all’articolo Dolore e nuova vita.

[3]Fra l’altro, vedi Risposta alla Fgci, la lettera che a suo tempo abbiamo inviato alla Fgci e in cui illustravamo le ragioni che hanno determinato la nostra rottura con B.C. e che pubblichiamo ora insieme a questa nota.