Quella in Ucraina è solo un capitolo della guerra imperialista permanente

Creato: 24 Aprile 2022 Ultima modifica: 24 Aprile 2022
Scritto da Lorenzo Procopio Visite: 1034

ucraina warUn nuovo drammatico fronte della guerra imperialista permanente si è aperto nel cuore dell’Europa. All’alba del 24 febbraio 2022 le forze armate russe hanno sferrato la loro potenza di fuoco contro l’Ucraina, bombardando le principali città del paese e invadendo da più fronti con centinaia di migliaia di soldati il territorio ucraino.  Una guerra che nei piani dei russi doveva probabilmente durare soltanto pochi giorni, vista la disparità delle forze in campo, con il suo prolungarsi rischia pericolosamente di allargarsi trascinando nel vortice del conflitto l’intera Europa. Questo è il futuro che ci prospetta il sistema capitalistico, un futuro fatto di guerre, miseria generalizzata e condizioni di vita e di lavoro sempre più precarie.

La guerra in Ucraina rappresenta un vero salto di qualità rispetto a quelle del recente passato, e la diversità non va solo ricercata nel fatto che si combatte nel cuore del vecchio continente, o nel fatto che vede pericolosamente a contatto le due superpotenze nucleari, quanto per il contesto economico e sociale in cui questa si combatte. Il capitalismo negli ultimi anni vive una crisi epocale, che la pandemia ha soltanto aggravato ma non generato. Una crisi strutturale le cui ragioni vanno ricercate nelle sempre più stridenti contraddizioni del sistema capitalistico. Un’immane massa di capitale fittizio non riesce più ad essere adeguatamente remunerata, alimentando in tal modo in maniera parossistica la tendenza alla guerra da parte dei detentori di tali capitali. E’ questo il motivo che ha trasformato la guerra in un fattore permanente del modus operandi del capitalismo, tanto che l’attuale conflitto ucraino rappresenta soltanto un tragico episodio di una storia molto più ampia e complessa. 

Come in ogni conflitto anche in questo gioca un ruolo fondamentale la propaganda diffusa dai rispettivi fronti. Lo scambio di accuse che si lanciano i contendenti in guerra ha lo stesso obiettivo, ossia nascondere le vere ragioni della guerra che sono tutte da ricercare solo ed esclusivamente nelle contraddizioni del capitale e nelle sue difficoltà di alimentare il proprio processo d’accumulazione.

I russi accusano gli ucraini di essere uno strumento in mano agli occidentali che a loro volta vogliono l’annientamento della Russia, mentre gli ucraini, e il fronte occidentale, accusano la Russia di aver proditoriamente aggredito un paese sovrano. Siamo alle solite accuse di paesi aggrediti ed aggressori. In realtà sono tutti, nello stesso tempo, “aggrediti” e “aggressori” avendo ciascuna parte in causa come unico obbiettivo accrescere le maggiori quote possibili del plusvalore estorte al proletariato mondiale.

La narrazione che distingue fra “aggredito” e “aggressore” è un miserabile espediente per occultare tutto ciò e coinvolgere sul fronte della guerra le sue vere vittime, ossia i milioni di proletari costretti a combattere, morire sotto le bombe o a scappare dalle proprie case per non finire sotto un cumulo di macerie.

 In soli due mesi di conflitto sono decine di migliaia i morti e oltre cinque milioni i profughi ucraini. Una vera e propria catastrofe che ha un solo responsabile: il capitalismo e la sua bramosia di profitti.

Sulla pelle dei proletari ucraini si sta combattendo una guerra per procura asimmetrica, nella quale da un lato la Russia schiera sul terreno di scontro direttamente le proprie forze armate, mentre gli Stati Uniti e il codazzo del cosiddetto fronte occidentale riforniscono le armi all’esercito ucraino e alla folta appendice di mercenari che combattono al loro fianco. Ad una prima lettura chi sta traendo i maggiori benefici in termini geopolitici sono proprio gli Stati Uniti, ossia la potenza che detiene più di ogni altra il controllo della produzione di denaro mondiale fittizio (il dollaro); infatti per l’imperialismo americano la guerra in Ucraina è una vera e propria manna piovuta dal cielo in quanto colgono i classici due piccioni con una stessa fava e per lo più senza schierare sul campo un solo soldato. Mettono il bastone tra le ruote ai russi, trasportando una valanga di armi in Ucraina, i quali pensavano di chiudere la partita in poco tempo, mentre ora si trovano a dover combattere contro un nemico ben attrezzato e pronto a morire pur di difendere i confini del proprio paese. Nello stesso tempo gli Stati Uniti non solo alimentano in tal modo il conflitto in Europa, ma grazie al sistema delle sanzioni, mettono in grosse difficoltà l’economia dei paesi dell’Unione Europea dipendenti dalle materie prime russe. L’imperialismo statunitense con il conflitto ucraino, forse in maniera anche inaspettata, si prefigge alcuni obiettivi strategici:

  1. far impantanare la Russia in un conflitto di lunga durata, cosa che logorerebbe l’orso russo creando anche dei problemi interni allo stesso Putin;
  2. spezzare l’asse che tra Mosca e l’Europa occidentale si era creato nel corso degli ultimi 15 anni e che rischiava di ridimensionate la presenza di Washington nel vecchio continente;
  3. mettere in difficoltà le principali economie del vecchio continente, Germania ed Italia in primis a causa della loro dipendenza dal gas russo.

In un solo colpo ben tre obiettivi strategici che danno un enorme vantaggio agli Stati Uniti, ma che non lasceranno le cose come prima nel contesto europeo. La guerra in Ucraina segna un vero spartiacque che trasformerà il mondo, con la conseguenza particolare di disegnare nuove geografie politiche ed economiche nel vecchio continente. Al di là dell’unanimità di facciata del cosiddetto blocco atlantico resta, infatti, ancora tutto da vedere cosa ne sarà dell’Unione europea costretta com’è a decidere fra la sua dissoluzione e una sua balcanizzazione o darsi - liberandosi dei suoi “alleati” più filo-americani - gli strumenti politici e militari così da potersi porre sullo scenario geo strategico mondiale ad armi con le altre potenze imperialistiche.

Il conflitto in Ucraina dimostra anche che gli Stati Uniti sono disposti a giocare fino in fondo la loro potenza militare pur di difendere il dominio del dollaro sui mercati mondiali. Una tangente imposta al resto del mondo che diventa sempre più vitale per gli Stati Uniti i quali sono a loro volta alle prese con una crisi economica e sociale interna che non ha eguali nella loro storia. Più la situazione interna rischia di esplodere sul piano sociale più gli Stati Uniti diventano aggressivi sul piano internazionale, in quanto soltanto il privilegio del dollaro potrà garantire quelle risorse necessarie a contenere il disagio sociale e nello stesso tempo riaffermare il loro dominio imperialistico.

Ma la guerra in corso sta anche dimostrando che il dominio del dollaro sui mercati internazionali sta diventando ogni giorno di più inviso anche a paesi storicamente allineati a Washington, come l’Arabia Saudita, i quali non sono disposti più a pagare tale tangente, tanto che il governo saudita ha minacciato gli Stati Uniti di voler vendere il proprio petrolio alla Cina facendoselo pagare in Yuan. E le dichiarazioni del governo saudita si aggiungono a quelle di altri paesi dell’area che non vedono di buon occhio l’apertura americana verso il governo di Teheran sul tema del nucleare. Come si vede il quadro che si sta delineando rischia di trasformare in una vittoria di Pirro l’attuale posizione di forza di cui godono gli Stati Uniti nel conflitto ucraino.  Se le minacce saudite dovessero concretizzarsi, con la conseguenza di minare il predominio del dollaro sui mercati mondiali, si aprirebbero degli scenari tali che l’attuale guerra in Ucraina sarebbe veramente una goccia in un oceano di sangue.

Se dietro l’Ucraina ci sono gli Stati Uniti e i paesi occidentali, dietro la Russia si nasconde il dragone cinese, spettatore interessato al massacro che si sta perpetrando sulla pelle dei proletari ucraini. La Cina non appoggia militarmente Mosca, ma nello stesso tempo la sostiene politicamente e tale sostegno politico si tradurrà in forniture di materie prime da parte della Russia a prezzi sicuramente vantaggiosi. La borghesia russa che fino a qualche tempo fa guardava al tanto odiato occidente per realizzare i propri affari, ora volge il proprio sguardo ad oriente per vendere gas e petrolio. Un nuovo asse si sta consolidando tra Mosca e Pechino, e la guerra in Ucraina rappresenta in tal senso un vero catalizzatore in grado di far accelerare questo processo. Anche l’altro gigante asiatico, l’India, non si è allineato a Washington tanto che su scala globale il fronte americano è nettamente minoritario in termini di rappresentatività della popolazione mondiale, rendendo la situazione internazionale ancor più complessa di quanto potrebbe apparire ad una prima superficiale lettura.

L’estrema sinteticità di queste brevi note non deve farci dimenticare la complessità delle dinamiche interimperialistiche in atto e che le stesse potranno repentinamente mutare a causa di una variabile che finora non ha manifestato la propria presenza: la lotta di classe del proletariato e la sua azione di rottura rivoluzionaria.

Il conflitto in Ucraina dimostra ancora una volta come la guerra sia generata dai meccanismi contradditori del sistema capitalistico e che le vere vittime dei disastri della guerra siano soprattutto i proletari e, nello stesso tempo, ci dimostra come per opporsi alla guerra imperialista permanente l’unica strada percorribile è preparare il terreno per la costruzione dell’organizzazione politica di classe intorno alla quale rilanciare la prospettiva della rivoluzione comunista del proletariato.