Intervista a un giovane studente disilluso

Creato: 26 Marzo 2013 Ultima modifica: 17 Settembre 2016 Visite: 1996

durante un’ipotetica manifestazione di protesta

Domanda. Sei uno studente?

Studente. Si.

Domanda. Perché sei qui?

Studente. Per protestare contro le manovre del governo che attaccano le condizioni di vita di molti: lavoratori, pensionati. E, poi, perché a noi giovani stanno derubando il futuro .

 

Domanda. Ma le manovre non servono a far quadrare il bilancio dello stato per evitare un fallimento e riproporre le condizioni per un rilancio dell'economia?

Studente. E’ falso, il risanamento dello Stato passa per l'impoverimento di ampi strati della popolazione e per un attacco diretto alle possibilità di investimenti nello stesso settore produttivo.

Domanda. Ma alcune manovre dovrebbero servire ad agevolare le imprese, facilitando gli investimenti e snellendo gli impedimenti burocratici che ne limitano lo sviluppo?

Studente. Anche questo è falso, non è con questi provvedimenti, ammesso che possano realizzarsi, che l'economia possa ripartire. Solo con l'aumento della domanda sul mercato, il meccanismo può riavviarsi. Ma la domanda la creano gli uomini che per vivere hanno bisogno di merci ma per comprare tali merci occorre avere un lavoro e una prospettiva positiva.

Domanda. Ma ora il governo, e non solo esso, ma anche i grandi centri finanziari europei, sono consapevoli della necessità di far ripartire l'economia e quindi assicurare un futuro a voi giovani.

Studente. L'economia può ripartire solo con l'aumento della domanda interna e/o della domanda estera.

La domanda interna è creata dall'aumento dell'occupazione e dal miglioramento delle condizioni salariali e tali condizioni possono venire solo o da grossi investimenti statali, la cosiddetta DOMANDA AGGREGATA costituita da investimenti in opere pubbliche e assunzioni di nuovi dipendenti pubblici. Questo ricreerebbe, secondo tutte le forze politiche, di destra e di sinistra , quel circolo virtuoso che solo potrebbe invertire la tendenza negativa e ripristinare le condizioni di realizzazione di margini di profitto da parte delle imprese. Ma io ti chiedo: se è così semplice perché non lo fanno? Forse perché le casse sono vuote e di conseguenza gli Stati non possono mutare la loro politica economica e monetaria basata sul rigore?

Domanda. Si é vero, in questo momento i vincoli del sistema economico impediscono una inversione della politica economica degli stati, tutti indebitati fino al collo. Ma la soluzione potrebbe venire dal sistema bancario che, favorendo le imprese produttive, garantendo loro finanziamenti agevolati, permetterebbe di attuare nuovi investimenti mirati a riavviare la produzione profittevole e quindi l'occupazione.

Studente. Questo potrebbe funzionare se non si tenesse conto della causa vera che ha prodotto questa crisi. Essa non deriva, come vogliono farci credere, da grossolani errori di politica economica, da spericolate manovre speculative del sistema bancario o dagli elevati livelli di corruzione che pure permea tutti gli apparati statali, ma ha origine nei meccanismi primari della produzione del profitto. La cattiva politica e la speculazione finanziaria sono solo un’aggravante della crisi ma non la causa.

Domanda. Intendi dire che la causa di tutto questo sconquasso sono i meccanismi economici che non permettono la realizzazione di un sufficiente profitto? Ma essi non sono la base su cui si sviluppa la nostra società?

Studente. Essi hanno permesso il suo sviluppo ma ora quegli stessi meccanismi ne minano la sopravvivenza e non è un caso che la crisi si stia diffondendo in tutto il mondo e in maniera più grave nei paesi ad alto sviluppo tecnologico.

Domanda. Non capisco, la tecnologia sarebbe la causa della crisi?

Studente. No, non è la tecnologia in quanto tale, ma la necessità da parte dei capitalisti di valorizzare nuovamente il capitale ottenuto dal vecchio ciclo di accumulazione maggiorato del profitto ottenuto dallo sfruttamento della forza-lavoro, perlomeno alle stesse condizioni di remunerazione precedenti. Per questo il capitalista deve o aumentare le vendite, con i limiti che un mercato in recessione e agguerrita competizione concede, e/o incrementare la produttività del lavoro introducendo nella produzione delle merci più macchine, sempre più sofisticate, che lavoratori. Si innesca, così, una spirale perversa perché impiegando meno forza-lavoro si riduce anche l’unica fonte che genera il profitto. E quindi i capitalisti sono indotti a incrementare lo sfruttamento della forza-lavoro e a diminuire il valore reale dei salari, anche licenziando, che è quanto stiamo vivendo sulla nostra pelle.

Domanda. Quindi la tendenza alla riduzione dei profitti e la conseguente disperata ricerca di ripristinare sufficienti margini di profitto sarebbe la causa dell'attuale crisi?

Studente. Si e lo possiamo riscontrare già partendo dagli anni '70, quando le pesanti ristrutturazioni nell'industria, vedi ad esempio il caso della FIAT, evidenziarono tale esigenza. Nell’immediato l’azienda automobilistica è riuscita ad ottenere con gli aumenti della produttività dei sufficienti margini di profitto ma oggi tutta l’industria automobilistica mondiale è in uno stato di crisi profondissima: produce una quantità enorme di automobili che non riescono a essere vendute anche causa della riduzione e dell’impoverimento generale dei lavoratori.

Domanda. Spiegami meglio: queste ristrutturazioni, con l’impiego massiccio della tecnologia, non hanno permesso un rilancio dei settori in crisi?

Studente. E' vero, essi nell’immediato sono ripartiti espellendo tanti lavoratori dalle fabbriche ma intanto lo stato ha dovuto intervenire per sostenerli con ingenti finanziamenti di fatto a fondo perduto, con il ricorso alla cassa integrazione e agli assegni di disoccupazione. In questo modo il debito pubblico è cresciuto a dismisura. Ma la conseguenza più grave che ne è derivata, è stata la migrazione di una massa crescente di capitali in aree con salari anche duecento volte inferiori oppure nel terziario e/o nel settore finanziario con lo scopo di realizzare, con la speculazione finanziaria sui prezzi delle materie prime, sugli stessi titoli del debito e in mille altri modi ( vedi,per esempio, la speculazione sui cosiddetti titolo tossici, come i i derivati finanziari), quei profitti che non si riusciva più a generare nell’industria. Tieni presente che questo quadro non è tipicamente italiano ma si propone a livello mondiale.

Domanda. Sostieni cioè che la crisi finanziaria americana, con le sue disastrose conseguenze a livello mondiale che hanno costretto gli Stati a salvare dal fallimento le più importanti banche mondiali che avevano compiuto ardite speculazioni, è la causa degli spaventosi aumenti dei debiti pubblici? E che tutto ciò ha avuto come conseguenza tutte le attuali manovre economiche contro i giovani e il mondo del lavoro?

Studente. Si, tutto il mondo del lavoro sta pagando con enormi sacrifici e la prospettiva di un futuro incerto, ma sicuramente peggiore; tutto ciò viene giustificato con la necessità di salvaguardare le condizioni di vita future e la democrazia mentre in realtà tutelano la necessità del capitale, bancario e industriale, di ottenere sempre maggiori profitti.

Domanda. Certo il quadro che prospetti appare disastroso e senza speranza, ma viste le sue insanabili contraddizioni, tutto il sistema, non avrebbe già dovuto crollare da tempo?

Studente. E' vero, avrebbe già dovuto disintegrarsi, ma: a) è intervenuto un fattore che ne ha notevolmente rallentato il processo di involuzione: la possibilità da parte degli USA di controllare un mercato finanziario ormai globale ed interdipendente non più solo con la forza militare ma anche con la gestione del più diffuso mezzo di pagamento internazionale, il dollaro. In questo modo è stata imposta una sorta di tangente su tutti gli scambi internazionali sia commerciali che finanziari che ha assicurato agli Usa una gigantesca rendita finanziaria con cui hanno potuto ampiamente compensare la riduzione dei profitti industriali e importare merci da tutto il mondo pagandole con carta straccia. Ma ora anche questo non basta più. Tant’è che siamo nel pieno di una crisi di cui, apparentemente, non si vede sbocco; b) nessun sistema economico è mai crollato per motu proprio.

Domanda. Dici apparentemente, quindi pensi che sia possibile uscirne in qualche modo?

Studente. Certo, la grande borghesia, attraverso il controllo dei centri economici e finanziari mondiali, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea e altri ancora, si è già attivata per garantire che la massa spaventosa di prodotti finanziari che vagano per tutto il mondo (si parla di circa 700.000 miliardi di dollari) venga comunque remunerata. A garanzia che ciò possa avvenire, richiedono agli Stati il risanamento dei loro debiti pubblici. Questa è la risposta reale, nell’immediato, che essi danno per la soluzione della crisi. Non dimenticare che poi ci sono sempre le armi per risolvere le questioni.

Domanda. In effetti, i grandi ricchi diventano sempre più ricchi; non pensi, che una più equa distribuzione dei sacrifici che possa salvaguardare le fasce più deboli, una efficace lotta all’evasione fiscale e una maggiore partecipazione della gente per bene, a quelle che sono le scelte di politica più importanti basterebbe ad invertire questa tendenza?

Studente. No, le reali scelte di politica economica, quelle che decidono la quantità dei sacrifici che i vari stati impongono ai loro cittadini, vengono prese a priori e al di fuori dei parlamenti, i luoghi che gli stati “sovrani” si sono dati per la propria gestione. Sono le grandi imprese transnazionali, le banche centrali i grandi Fondi di investimento e i grandi istituti finanziari a prendere le decisioni. Ai parlamenti è affidato solo il compito di approvare le decisioni prese nei luoghi dove si concentra il potere economico, finanziario e politico. Ora, quello che giorno per giorno si sta concretamente verificando, è l’impoverimento generalizzato, anche di quelle fasce sociali che si consideravano al sicuro dalle crisi economiche. Le conseguenze sociali di tutto questo sono gravi: esplodono il problema della sanità, della corruzione dilagante, della mafia, dei rifiuti e del degrado ambientale. Tutte questioni che, con l’aggravarsi e l’estendersi della crisi, diventano sempre più acute: i il problema della sopravvivenza della scuola pubblica, quello dei trasporti ferroviari sempre più costosi, della riduzione degli investimenti nella ricerca, dell’assenza totale di tutela dei beni culturali, del problema delle carceri, dell’aumento della diffusione della droga, dell’inquinamento delle città, dei mari, dell’insufficiente risposta ai cambiamenti climatici, dell’aumento della criminalità, l’indifferenza nel controllo del dissesto idrogeologico del territorio, il problema della casa, dei precari, della disoccupazione giovanile, persino l’aumento dei suicidi. Il risultato è la demolizione di tutte quelle garanzie e sicurezze che una economia capitalistica, considerata in irreversibile espansione ed una conseguente affermata democrazia rappresentativa, sembrava avessero consolidato. Tutto questo per tutelare il profitto e l’arricchimento smisurato di pochi individui che, pur di conservare i propri privilegi, assistono indifferenti al degrado e al collasso di tutta la società.

Domanda. E’ ormai evidente come lo stato, la politica, i sindacati e i relativi mezzi di informazione, siano preoccupati di tamponare la disgregazione sociale dilagante, attraverso annunci velleitari che propongono la difesa di quelli che sono gli interessi immediati e concreti dei lavoratori. Ma la ribellione a tutto ciò, la richiesta dal basso di riprendersi la gestione di un apparato non più colluso con l’alta finanza e con ciò che essa ha generato e sviluppato, non potrebbe essere la soluzione?

Studente. No, la sua gestione da parte di forze nuove che pur cercando in buona fede, ammesso che così sia, di riportare gli interessi reali delle persone al primo posto andrebbe comunque a cozzare contro le compatibilità economiche del sistema. Si scontrerebbe con l’impossibilità concreta di poter finanziare, con i soldi dello stato, frutto del lavoro e dei sacrifici di milioni di persone, le politiche di sviluppo economico e di sostegno sociale. Impossibilità dovuta alla necessità di dover sostenere il sistema finanziario, in generale, e quello bancario, particolare, per evitarne il fallimento. Un fallimento che, innescando una reazione a catena, minaccerebbe tutto il sistema economico mondiale.

Domanda. Ma se i fatti sembrano confermare ciò che dici, come si può uscire da questa situazione?

Studente. All’interno di questa logica, quella del sistema capitalistico, non esiste via d’uscita. Eventuali apparenti riprese economiche si realizzerebbero comunque attraverso ulteriori aumenti della produttività, quindi dello sfruttamento e conseguentemente con un peggioramento delle condizioni di lavoro generali. Pensiamo alla crisi del ‘29, superata solo dopo una guerra mondiale. Si può uscirne solo rifiutando tale logica che, ponendo il profitto al di sopra di tutto e di tutti, piega alla sua realizzazione gli interessi generali e i bisogni della collettività.

Domanda. Quindi tu auspichi una rivoluzione?

Studente. Si, la rivoluzione e la costruzione di una società comunista.

Domanda. Ma questo era già stato realizzato in Unione Sovietica e il risultato è stato un completo fallimento, una spietata dittatura che ha fatto strage di ogni suo oppositore.

Studente. E’ vero. Nel 1917 in Russia si era tentato di dare vita a una società di tipo comunista ma a causa di carestie e della guerra e soprattutto per la mancata estensione internazionale della rivoluzione e la conseguente mancata demolizione di tutti gli elementi fondamentali che caratterizzano la società capitalistica hanno reso inevitabile quel fallimento. In realtà, in Russia non si è mai costruito il comunismo ma solo capitalismo di stato.

Domanda. Ma allora, quali sono le scelte che possono concretamente avviare un autentico processo rivoluzionario?

Studente. Se il proletariato, guidato dal proprio partito, facesse la sua rivoluzione politica, abolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione ed esautorando tutti gli apparati che ne permettono la sopravvivenza, avrebbe in mano il governo della società. Per mezzo del suo stato, i cui membri fossero eleggibili e revocabili direttamente dalla base in qualsiasi momento, esso potrebbe avviare il processo di riorganizzazione della produzione e, di conseguenza, il rivoluzionamento della società intera. Tieni presente che oggi sarebbe indispensabile che tale processo avesse carattere internazionale. Nel momento, in cui disponesse del controllo delle più importanti forze produttive, avrebbe la possibilità di abolire tutte le attività presenti nella società capitalistica legate alla vendita delle merci, alla presenza del denaro, all’esistenza delle banche e della finanza; quindi di abolire anche il salario e il profitto. Si eliminerebbero, insieme al denaro, le basi materiali per l’esistenza del capitale e del suo processo di accumulazione. Con questo si porrebbe fine allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo ovvero di chi ha la proprietà del capitale su tutti gli altri membri della società. La società umana potrebbe finalmente, liberata dalle potenti forze distruttive del capitalismo, svilupparsi avvalendosi del lavoro di tutti gli uomini, che associandosi liberamente, produrrebbero per soddisfare i loro bisogni e promuovere la realizzazione di ogni individuo dandogli la possibilità di sviluppare pienamente le sue facoltà, attitudini e interessi. Il rapporto conflittuale tra gli individui, tipico del capitalismo, verrebbe sostituito con la relazione di solidarietà tra gli uomini, il rispetto reciproco e il rispetto dell’ambiente in cui essi vivono. Ecco il significato più profondo e, forse, più trascurato del comunismo: l’eliminazione delle categorie economiche del capitalismo, l’eliminazione delle disuguaglianze sociali sarebbero solo il punto di partenza per una rivoluzione ancora più profonda, più estesa e più importante, la trasformazione dell’individuo alienato in un individuo nuovo che si riappropria di se stesso, del suo destino e della sua vita, un individuo che mentre realizza se stesso, si realizza associandosi agli altri con i quali non è più in conflitto ma è accomunato dai medesimi fini.

Domanda. . Abolire il denaro…ma senza denaro e senza salario, come potrebbero avvenire gli scambi?

Studente. Diciamo innanzi tutto che il lavoro sarebbe un obbligo per tutti e che nessuno potrebbe vivere sulle spalle degli altri. Allora tutti gli scambi potrebbero avvenire con l’introduzione di uno scontrino magnetico, chiamiamolo buono del lavoro, che certificando la prestazione lavorativa effettuata permetterebbe ad ognuno di ritirare dal fondo comune sociale dei prodotti realizzati con il lavoro di ogni membro della società: tanti mezzi di consumo, corrispondenti in valore, a quanto ognuno ha dato col proprio lavoro. La sostituzione del salario col buono del lavoro, unico ed uguale per tutti e non cumulabile, porterebbe ad un rivolgimento completo della società. Il buono del lavoro, permetterebbe solo di ritirare quanto necessario per vivere per un determinato tempo fissato dal piano economico. A differenza del denaro, non consentirebbe di accumulare alcunché e con questo qualsiasi possibilità di arricchimento. Dal punto di vista sociale si affermerebbe l’impossibilità di impossessarsi dei prodotti realizzati dal lavoro altrui e quindi di arricchirsi a scapito di altri. Tieni presente che una società costituta da individui liberamente associati e accomunati dal medesimo fine, porterebbe molti vantaggi e consentirebbe, grazie alle moderne tecnologie e alla odierna produttività del lavoro, di garantire il benessere generalizzato. L’individuo si riapproprierebbe della sua attività lavorativa in quanto la svolgerebbe per un fine da lui definito e che gli apparterrebbe. Non dovrebbe più lavorare per il capitalista per la realizzazione del suo profitto, non dovrebbe più lavorare per produrre una merce di cui non disporrebbe ma dovrebbe svolgere un’attività per realizzare dei prodotti in grado di soddisfare i suoi bisogni materiali e spirituali, bisogni che sarebbe lui stesso a definire, in modo razionale e cosciente, insieme agli altri individui della società con i quali sarebbe associato e accomunato dai medesimi fini. Si tratterebbe di un grande rivoluzionamento, di una mutazione profonda del fine dell’esistenza umana: l’individuo schiavizzato e alienato della società capitalistica non vivrebbe più sottomesso all’esigenza del capitale e della sua accumulazione ma vivrebbe per realizzare se stesso, ogni parte e momento della sua esistenza. Questo non è mai accaduto nella storia dell’umanità e ci fa comprendere la grande potenzialità insita nella società comunista. Per la prima volta nella storia dell’umanità tutto ciò oggi è possibile per l’enorme sviluppo delle forze produttive e della produttività del lavoro, per le enormi conquiste che la società ha fatto in campo tecnologico e per le vaste conoscenze scientifiche acquisite, per l’enorme ricchezza che si produce. Questa ricchezza nel capitalismo è nelle mani di poche persone che se ne avvantaggiamo, nella società comunista tutto questo invece sarebbe a disposizione di tutti e verrebbe impiegata per il vantaggio di ogni individuo.

Domanda. Ma questa uguaglianza tra gli uomini, questa uniformità nel retribuire tutti i lavori , non creerebbe un appiattimento di quelle che sono le possibilità di valorizzare le singole capacità individuali , demotivando molti nello svolgere nel miglior modo il proprio lavoro e generando una società in cui tutti sono uguali senza alcuna distinzione?

Studente. Tutt’altro, il fatto di contribuire col proprio lavoro, in base alle proprie attitudini, competenze e capacità, ricevendo quanto serve per vivere sancirebbe il principio del valore sociale indifferenziato per tutti i lavori. Creerebbe la consapevolezza dell’uguale importanza di ognuno nel partecipare allo sviluppo della società stimolando a lavorare non più solo per i vantaggi di un salario che un mercato capitalista, a seconda delle proprie esigenze può più o meno corrispondere, ma per gli enormi vantaggi della produzione socializzata. Uno dei principali vantaggi, sarebbe la riduzione della giornata lavorativa a poche ore. Cosa possibile con l’impiego di tutti gli individui abili al lavoro. Pensiamo all’impiego degli attuali disoccupati, sottoccupati, all’impiego della donna oggi fortemente penalizzata, al riutilizzo degli individui oggi impegnati nelle attività inutili sviluppate dal capitalismo per le proprie necessità come la vendita e la contabilità delle merci, la pubblicità, le indagini di mercato, le attività legate al credito e alla finanza, le assicurazioni, le attività legate alla produzione delle armi e all’esercito. Sì, perché non avrebbero più ragione di esistere gli eserciti in un mondo di lavoratori associati e non più in concorrenza tra loro come nel capitalismo. La riduzione della giornata lavorativa libererebbe inoltre l’individuo dalla necessità di impiegare la maggior parte del proprio tempo per procurarsi i mezzi di sussistenza. Tempo che nella società capitalistica corrisponde a gran parte dell’esistenza. La riappropriazione di buona parte del proprio tempo consentirebbe ad ognuno di dedicarsi principalmente a se stesso sviluppando le proprie energie fisiche ed intellettuali, le proprie facoltà ed attitudini, per realizzarsi finalmente come uomo libero. Inoltre, tutti i problemi che ora sembrano irrisolvibili, non più dipendenti da un’economia avente come interesse primario il profitto, verrebbero affrontati da tutti e per l’interesse di tutti e troverebbero una facile soluzione.

Domanda. Hai parlato di definizione razionale e cosciente dei bisogni da parte degli uomini liberamente associati. Che significa?

Studente. Nella società borghese lo scambio, l’allocazione del capitale e della forza lavoro, la definizione di cosa e quanto produrre, sono affidati al mercato e, con esso, alle scelte del singolo capitalista ovvero a un meccanismo anarchico, tanto irrazionale quanto inefficiente, che a quest’ultimo si impone dall’esterno. Nel comunismo il meccanismo decisionale che nel capitalismo scaturisce dal mercato è sostituito dalla volontà razionale e consapevole degli individui associati che si concretizza nel piano della produzione, lo strumento col quale essi decidono in pratica la loro esistenza. Il piano permette di definire cosa e come produrre, di definire la migliore allocazione degli uomini nelle diverse attività lavorative tenendo conto innanzi tutto dell’interesse dell’individuo, della necessità di realizzare il suo benessere psicofisico e la sua piena realizzazione. Sono gli individui associati che partecipando direttamente alla definizione, alla verifica e alla realizzazione del piano, partecipando direttamente agli organi preposti alla pianificazione, diventano i protagonisti della loro stessa emancipazione. Senza questa partecipazione diretta non sarebbe possibile alcun processo vero di emancipazione e di liberazione.

Domanda. Prima hai anche detto che questo rivoluzionamento sociale sarebbe impossibile se non avvenisse a scala internazionale. Perché?

Studente. Preciso innanzi tutto che si tratta di un rivoluzionamento della società che dovrebbe avvenire a scala mondiale. La cosiddetta globalizzazione dei mercati cioè la completa correlazione delle diverse economie nazionali, è una realtà impensabile solo qualche decennio fa. In particolar modo il capitale finanziario circola oggi con tale velocità e interdipendenza che ogni fenomeno che lo riguarda coinvolge il mercato mondiale in ogni suo aspetto, sia finanziario che produttivo. L’intreccio tra mondo della finanza e grandi multinazionali che hanno gigantesche aziende sparse in ogni angolo del mondo è così forte che ogni crisi finanziaria coinvolgerebbe tutto il mondo produttivo. Poi il debito degli stati. Un esempio recente: la Grecia, col suo modestissimo, quasi insignificante peso economico nel mondo, ha innescato una crisi finanziaria che rapidamente ha coinvolto gli altri paesi europei costringendo la potente Germania, forte della sua economia, a impedire il fallimento dello stato ellenico pretendendo in cambio che il governo greco imponesse l’impoverimento generalizzato dei lavoratori greci. E’ evidente che la dimensione internazionale della crisi economica è causata dall’enorme quantità dei titoli del debito pubblico greco, spagnolo, italiano, ecc., cioè dei paesi potenzialmente insolventi, in mano alle più grandi banche mondiali. La crisi finanziaria europea avrebbe potuto immediatamente avere ripercussioni anche negli Stati Uniti e di conseguenza nel mondo intero. Stiamo constatando che l’economia è talmente interconnessa che persino la crisi di un piccolo paese crea ripercussioni pericolose a scala mondiale!

Naturalmente il carattere globale della crisi economica e i provvedimenti che la borghesia adotta per contrastarla, davvero simili in ogni paese, innescano delle reazioni che coinvolgono in modo sempre più esteso i proletari di ogni nazione. Questo ci deve far pensare che la necessità di cambiare rotta, di cambiare radicalmente la società, riguarda indistintamente gli sfruttati di ogni parte del mondo che hanno tutto l’interesse a unirsi per costituire una grande comunità mondiale di uomini liberamente associati che pianificano consapevolmente il loro destino organizzandosi e coordinandosi a scala planetaria.

Ecco perché l’attuale globalizzazione dei mercati impedisce il comunismo a scala nazionale. Qualora il processo rivoluzionario avvenisse in uno o in alcuni paesi e non si allargasse alla restante parte capitalistica del mondo, potremmo pensare a una stabilizzazione della situazione e all’avvio di un processo di trasformazione rivoluzionaria della società a scala locale? E’ da escludere proprio a causa dell’attuale interconnessione economica del mondo che creerebbe una totale incompatibilità tra le due aree economiche che si scontrerebbero economicamente, politicamente e con ogni altro mezzo per la loro sopravvivenza fintantoché una non si imponesse all’altra.

Domanda. Quello che hai descritto mi affascina, ma non vedo, quale forza politica abbia ora la consapevolezza e la capacità di guidare il proletariato ad un possibile cambiamento così radicale.

Studente. E’ vero, manca una tale organizzazione e ora la sua creazione non è più rimandabile. Solo attraverso il confronto, la rielaborazione e la puntualizzazione di una teoria finalizzata alla realizzazione di una società in funzione dei bisogni dell’uomo, che neghi la dittatura del denaro e delle leggi che ne favoriscono la sua accumulazione, sono la via attraverso cui questa organizzazione potrebbe svilupparsi. Come l’estremo sviluppo delle forze produttive a livello mondiale, l’alta velocità di circolazione del capitale finanziario, gli stretti legami che uniscono tutti i mercati li rendono immediatamente interdipendenti, così la ripresa della lotta i classe, guidata dall’organizzazione delle sue avanguardie, per avere possibilità di successo dovrà avere necessariamente un carattere internazionale.

Domanda. Ti ringrazio per la tua disponibilità ed i tuoi chiarimenti, ma non ti ho chiesto come ti chiami?

Studente. Chiamami comunismo, sono il futuro!