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Dalla rivista D-M-D' n° 13
È noto come la gestazione de Il Capitale abbia impegnato un lungo tratto della travagliata esistenza di Karl Marx. Nondimeno è possibile individuare diversi punti cruciali all’interno della riflessione marxiana, non omogenea né progressiva, ma piuttosto impegnata in una inesausta riflessione relativa alle “tre fonti e tre parti integranti del marxismo”[1], una delle quali riteniamo abbia una certa rilevanza relativa agli aspetti metodologici che, sin dai Manoscritti economico-filosofici del 1844, non ha mai smesso di occupare parte cospicua dell’analisi di Marx. Ci riferiamo al patrimonio del pensiero filosofico tedesco, in particolare alla pesante eredità esercitata dalla ricerca hegeliana con cui, è possibile dire, l’autore del Manifesto si è costantemente misurato durante tutta la sua esistenza.
Il movimento dei “gilet gialli” è un segnale forte del disagio sociale che colpisce anche le aree avanzate del capitalismo. A subirne le conseguenze è in primo luogo il proletariato, soprattutto il nuovo proletariato giovanile, in parte frammentato e precarizzato dalle ristrutturazioni dell’apparato produttivo e dalla nuova divisione internazionale del lavoro. Analogamente, la dinamica di crisi del sistema, scompagina buona parte dei ceti medi, i quali reagiscono al precipitare della loro condizione verso il basso.
La reazione suscitata dai “gilet gialli” francesi da parte dei politici, dal mondo delle imprese e degli affari, tanto a scala nazionale che internazionale è rivelatrice degli umori e delle preoccupazioni della borghesia sul rischio di rottura della pace sociale, con tutte le conseguenze che questo potrebbe comportare. E’ bastato un atteggiamento più deciso e ostinato da parte dei dimostranti per allarmare la borghesia e conseguentemente mettere in moto l’apparato repressivo dello Stato a difesa degli interessi capitalistici dominanti.
Dalla rivista D-M-D' n° 12
«Quale trasformazione subirà lo Stato in una società comunista? In altri termini: quali funzioni sociali persisteranno ivi ancora, che siano analoghe alle odierne funzioni dello Stato? A questa questione si può rispondere solo scientificamente, e componendo migliaia di volte la parola popolo con la parola Stato non ci si avvicina alla soluzione del problema neppure di una spanna.
Quella capitalistica è la società dell'apparenza in cui la realtà si presenta sempre trasfigurata. Per la questione dei migranti, non si tratta del capovolgimento mistificante dei rapporti tra gli uomini trasformati in rapporti tra cose, insito nei rapporti di produzione borghesi, ma di un atto ideologico col quale dissimulare la realtà, fatto di affermazioni, azioni e leggi che violano addirittura le stesse norme nazionali e internazionali borghesi. Il ministro dell'interno Salvini ha inaugurato, e quotidianamente rafforza, la stagione della calunnia, della piegatura dei fatti al mero scopo propagandistico, dell'uso della forza pubblica a proprio uso, dell'uso spregiudicato dei media per il proprio interesse.
Dalla rivista D-M-D' n° 12
“Volgere la guerra degli Stati borghesi in guerra civile di tutto il proletariato contro la borghesia di tutti i paesi.” (A. Bordiga, L’Unità 29 marzo 1924)
C’è una parola d’ordine della politica rivoluzionaria alla quale è stata impressa una riattualizzazione quale diretta derivazione delle attuali dinamiche capitalistiche che, secondo un registro più complesso ed articolato, sono inestricabilmente sempre più appiattite su di un concetto di “guerra permanente” da intendere quale imprescindibile modalità di esistenza dell’imperialismo attuale.
Ci si riferisce – per doverosa chiarezza - al “disfattismo rivoluzionario”.