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Presentation of the special edition
English translation from A Free Retriever’s Digest
This special issue of the review is dedicated to the crisis that has affected the capitalist system on a global scale[1].
The title ‘The crisis is not viral but capitalist’ expresses the thesis we support in the eight articles of this issue: it is an epochal crisis that finds its origin in the contradictions of the capitalist mode of production.
The pandemic has only exasperated and anticipated the explosion of this crisis, to the extent that in the months preceding the spread of the corona-virus there were clear signs that the world economy was rapidly marching towards a recession of historic significance.
The first article in this issue ‘The corona-virus and the communists today’ analyzes the role of the revolutionary vanguard in the new context that opened with this epochal crisis, and “wants to be an integral part of a wider confrontation, firm on the foundations of the new materialism, capable of looking at both present and future with a renewed and sharpened look.”[2].
L’enorme esplosione che ha distrutto il porto di Beriut e causato centinaia di vittime è soltanto uno degli ultimi episodi della guerra imperialistica permanente. Una guerra alimentata dalle contraddizioni del modo di produzione capitalistiche, che ha di fatto hanno trasformato il paese dei cedri in un teatro di morte.
L’Ainfijar, l’esplosione
Il 4 Agosto 2020 rimarrà impresso nella memoria del popolo libanese come il giorno della «Ainfijar!», l’esplosione. L’esplosione che ha coinvolto un deposito dove erano stipate 2750 tonnellate di nitrato di ammonio sequestrate nel 2014. La deflagrazione è enorme, devasta Beirut con una forza paragonata ad un decimo della prima bomba atomica, qualcuno arriva a definire questo evento la “Ground Zero libanese”.
Dalla rivista D-M-D' N°15 - Numero speciale
«Ciò che è noto, non è conosciuto. Nel processo della conoscenza, il modo più comune di ingannare sé e gli altri è di presupporre qualcosa come noto e di accettarlo come tale» (G.W.F. Hegel).
Essere consapevoli, con Lenin, che «senza teoria rivoluzionaria non vi è movimento rivoluzionario» (Che Fare?, 1902), significa per le avanguardie comuniste una precisa assunzione di responsabilità.
Quando, negli anni di affermazione della fase più elevata del capitalismo (l’imperialismo), i rivoluzionari proclamavano l’alternativa tra socialismo e barbarie, quest’ultima appariva come il terribile futuro che il modo di produzione capitalistico preparava, per il suo stesso modo di funzionare, all’umanità. Il socialismo, a partire dalle stesse contraddizioni capitalistiche, si presentava però come prevenzione della barbarie e come promessa di una società finalmente umana.
Oggi, dopo quasi 50 anni dall’inizio della crisi strutturale del terzo ciclo d’accumulazione del capitale, la barbarie, più che potenzialità minacciosa, scatena la sua forza in tutto il pianeta, in un accrescimento smisurato.
Tutte le potenze ideologiche di questo vecchio mondo, tradizionali parrocchie e nuove “industrie”, tutte le istituzioni politiche, sindacali, sanitarie, religiose, si sono unite in una santa alleanza per la riproposizione perpetua dell’imperativo alla responsabilità: l’OMS, capi di Stato e di governo, il Papa, la televisione sono concordi nell’affermare che bisogna essere uniti e responsabili nella “guerra” al virus poiché riguarda tutti, senza alcuna distinzione.
Esuberante ed esotica, ricca e misteriosa, come la definiva Tiziano Terzani, Hong Kong anche in tempi di quarantena vive momenti di turbolenze e manifestazioni di piazza. Neanche il lockdown imposto dal coronavirus ha fermato migliaia di giovani, scesi in piazza per contestare una legge sulla sicurezza che il governo di Pechino cerca di imporre, smentendo se stesso e gli accordi sottoscritti con il governo britannico alla fine degli anni Novanta, durante le trattative per il passaggio della regione sotto la sovranità cinese.