Abbiamo 31 visitatori e nessun utente online
L’imperialismo contemporaneo è la più criminale forma di racket che ci sia mai stata nella storia del capitalismo e questa guerra lo conferma.
Per fermare la guerra occorre un nuovo partito comunista e internazionalista.
Versione Inglese[EN]
Versione Francese[FR]
Nel nostro tempo ogni guerra, anche se camuffata da guerra di religione o di liberazione nazionale, da guerra “umanitaria” per la difesa dei diritti umani e per il rispetto del diritto internazionale, e così via, è sempre un momento di quella guerra imperialista permanente che da decenni imperversa per il mondo intero, seminando morte, fame e distruzione.
Lo è stata quella appena conclusa in Afghanistan, lo sono quelle in corso in Medio Oriente, quelle in Africa e in Asia, e lo è anche quest’ultima appena iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Putin dice che è stato costretto a farlo per difendere la popolazione russofona del Donbass dal “genocidio” perpetrato dall’esercito di Kiev.
E’ disponibile il numero 17 della nostra rivista DMD’.
La rivista è quasi interamente dedicata all’analisi dello scontro imperialistico in atto tra le grandi potenze, prestando particolare attenzione agli ultimi eventi della politica internazionale.
L’articolo di apertura “Dall’Afghanistan all’Ucraina: la guerra imperialista non si ferma” offre uno sguardo d’insieme sulle vicende internazionali di questi ultimi mesi in cui sono sempre gli Stati Uniti, nonostante il perdurare del loro declino, i protagonisti assoluti dello scontro imperialistico in atto. E seppur lo scontro diretto fra le maggiori potenze imperialistiche per ora sembra escluso, non di meno la pace resterà sempre una chimera finché ci sarà il capitalismo.
Il secondo articolo “Capitalismo contemporaneo e crescente proletarizzazione della società” mette ancora una volta in risalto la validità delle tesi di Karl Marx. Il capitalismo moderno super-tecnologico riscopre le peggiori forme di sfruttamento dei suoi esordi. Gli ideologici della borghesia da una parte vedono con preoccupazione la concentrazione della ricchezza in poche mani, per le possibili conseguenze sul piano sociale; dall’altra devono operare sul piano ideologico imbastendo una enorme campagna di falsificazione utilizzando dati statistici fasulli per negare l’esistenza delle classi sociali. Però i disastri prodotti a tutti i livelli dal vigente sistema proseguono inesorabilmente evidenziandone la decadenza e la necessità del suo superamento
Un nuovo capitolo della guerra imperialista permanente rischia di essere scritto nel cuore dell’Europa. E’ sempre più alta la tensione sul fronte orientale del vecchio continente, Le schermaglie dialettiche della politica stanno pericolosamente lasciando il posto alle armi e alle dimostrazioni di forza da parte dei contendenti imperialisti.
Intorno all’Ucraina si stanno scontrando senza esclusioni di colpo i principali protagonisti dell’imperialismo del XXI secolo. Se a uno sguardo superficiale lo scontro è soprattutto tra gli Stati Uniti e la Russia, a essere pesantemente coinvolta, per gli strettissimi legami economici e politici, è soprattutto l’Unione Europea, con la Cina spettatrice interessata a non vedere interrotto il suo traffico commerciale con l’area più industrializzata al mondo.
E’ in questo contesto di guerra sempre meno fredda che il presidente americano Biden negli ultimi tempi ha pericolosamente alzato i toni accusando pesantemente la Russia di essere sul punto di invadere l’Ucraina e, benché non vi fosse un solo indizio che le cose stessero realmente in questi termini, ha concesso a Kiev un primo aiuto militare di 2,5 miliardi di dollari a cui ha fatto seguito, lo scorso novembre, l’invio di: «Altre 88 tonnellate di munizioni nel quadro di un “pacchetto” da 60 milioni di dollari, comprendente anche missili Javen già schierati contro i russi del Donbass. Allo stesso tempo gli Usa hanno inviato in Ucraina oltre 150 consiglieri militari che, affiancati da quelli di una dozzina di alleati Nato, dirigono di fatto le operazioni»[1]. E contemporaneamente il segretario generale della Nato, il norvegese Stoltenberg, rilasciando una serie di dichiarazioni ha dato per scontato e ormai imminente l’ingresso nella Nato anche di Kiev dopo Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, andando così a completare l’accerchiamento militare della Russia.
Migliaia di lavoratori manifestano contro il carovita, scoppia una rivolta duramente repressa nel sangue dal governo Tokayev. Ora è il gigante dell’Asia centrale che rischia di trasformarsi in un nuovo fronte della guerra imperialistica permanente.
L’ordine è ristabilito nella capitale Nur Sultan, ma rimangono ovviamente irrisolti i problemi e le contraddizioni che sono all’origine delle violente proteste che hanno scosso il Kazakistan all’alba del nuovo anno. La violentissima repressione imposta dal presidente Tokayev, con la collaborazione dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Csto), la struttura militare di pronto intervento composta da russi, kazaki, armeni, tagiki, bielorussi e kirghizi, ha spezzato in pochi giorni la rivolta ma non ha diradato le nuvole nere che si addensano sul cielo dell’intera area centro-asiatica.
La cosiddetta “transazione ecologica” ha senso per il vigente modo di produzione alla sola condizione che si creino opportunità di profitto, con buona pace dei propositi di facciata a difesa dell’ambiente e ancora meno per la tutela della salute della collettività
Il processo di accumulazione capitalistico ha quale unico scopo spremere la maggiore quantità possibile di plusvalore dai lavoratori. A tal fine l’essere umano, la natura, o qualunque altra cosa sono semplici strumenti subordinati alla logica del massimo profitto, tutto il resto non ha importanza. Pensare che il capitalismo possa invertire la rotta e accogliere gli allarmi che da tutte le parti vengono lanciati sul degrado del pianeta e quindi sui pericoli per la stessa sopravvivenza dell’umanità, è pura illusione. La COP26 (26esima Conferenza delle Parti), meeting annuale sui cambiamenti climatici organizzato dalle Nazioni Unite, svoltosi recentemente a Glasgow, è l’esemplare dimostrazione dell’impotenza dei rappresentanti delle varie borghesia nazionali di poter agire al di sopra delle ferree leggi impersonali del capitale.