“Le nuove paure” di Marc Augé. Un'analisi dei timori della nostra epoca

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Creato: 15 Febbraio 2014 Ultima modifica: 17 Settembre 2016 Visite: 4681
Non sarà che, oggi, la paura della vita

abbia rimpiazzato la paura della morte? (Marc Augé)

Marc Augé, Le nuove paure. Che cosa temiamo oggi?, Bollati Boringhieri, Torino 2013

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Le nuove paure è una breve analisi condotta dall'antropologo Marc Augé sui timori che attanagliano la nostra epoca. Paure che si affollano, si aggrovigliano e si combinano abitando ormai il mondo intero. L'autore contribuisce a farci guardare in faccia queste minacce, una ad una, a capirle, a relativizzarle, a distinguere ciò che conta da ciò che è artificio. Augé conferma in questo lavoro l'acutezza del suo sguardo antropologico, ma anche i suoi limiti metodologici.

Il quadro concettuale di questo lavoro non supera l'immagine di un mondo oppresso dalla “dittatura dei mercati finanziari” e dall'ideologia consumistica, dove la “lotta di classe c'è stata, ma la classe operaia l'ha persa”, e che patisce tutti gli “aspetti perversi della globalizzazione capitalistica” (pag. 9). Un mondo dove il socialismo avrebbe già conosciuto il suo fallimento, rendendo privi di ogni prospettiva i movimenti di protesta. Non a caso a farsi spazio sembra esserci solo l'indignazione[1], “una forma sublimata di paura” (pag. 9), per l'appunto.

Passare in rassegna le paura del nostro tempo conduce l'antropologo a “registrare l'incremento di forme di violenza relativamente inedite, ancor più significative per il fatto che ne sono esposti anche i paesi più ricchi dell'Occidente” (pag. 11).

Stress, panico, angoscia, vengono così rapportati a tre gruppi di violenze: quelle economico-sociali, quelle politiche (compresi razzismo e terrorismo) e quelle tecnologiche e ambientali. “Nel complesso, [le paure] si manifestano per l'ossessione dell'altro, confondendo ogni categoria di alterità, e per il timore del futuro. Ma questa ossessione e questo timore hanno molteplici componenti” (pagg. 11-12), che Augé analizza seppur nella estrema brevità di questo libro, tentando di rintracciarne le cause.

Di grande interesse l'analisi relativa alle paure, e alle violenze, legate al lavoro. Licenziamenti, disoccupazione, ricerca di un nuovo impiego, sono relazionati a forme di depressione innescate dalla combinazione di angosce e stress. L'autore tratteggia poi rapidamente, ma non per questo senza efficacia, la condizione interna alle aziende, dove i ritmi, la vigilanza, l'omologazione diventano sempre più disumanizzanti e intollerabili. Il tutto all'interno di una estrema mobilità lavorativa, a sua volta contraddittoria rispetto alla residenzialità rigida cui sono stati indotti i lavoratori, per anni spinti a diventare proprietari (a credito) delle loro case; e sotto l'incubo della precarietà, che spaventa il 63% degli europei, perché sanno, commenta Augé, che “il confine dell'esclusione si oltrepassa in un solo senso”(pagg. 31-32). “D'ora in poi, sulla Terra, non c'è più purgatorio”, continua l'autore, e per fuggire dall'inferno, da venti anni a questa parte, il suicidio proletario è una strada sempre più percorsa. A spingervi sono la dimensione oppressiva e violenta del controllo e della struttura organizzativa della moderna azienda capitalistica, ma Augé si sofferma anche su due altri aspetti.

Il primo è “il senso di solitudine, soprattutto della solitudine sul lavoro, della sensazione «di non contare più per nessuno» - un aumento tanto più preoccupante per il fatto che, finora, siamo stati piuttosto inclini a rimarcare il carattere socializzante del lavoro. Oggi, dunque, la frammentazione del lavoro avrebbe gli stessi effetti destrutturanti della disoccupazione” (pag. 19).[2]

Il secondo è la scomparsa dei confini tra vita privata e vita lavorativa, il totale “spossessamento” di sé, che porta “al di là della paura”, ma anche oltre la collera, che almeno potrebbe portare alla ribellione (pagg. 20-21). Senza una reale collocazione di questi fenomeni all'interno delle leggi e dei meccanismi capitalistici, tuttavia, la riflessione di Augé si arresta prima di poter giungere alla loro essenza, e la comprensione ne soffre. Ma soprattutto, di fatto, non resta spazio per nessuna speranza, per nessuna possibilità di far leva sulle contraddizioni della società per rivoluzionarla. Per Augé “Marx è morto” e il socialismo ha fallito. Se le convinzioni di un intellettuale borghese poco ci coinvolgono, la loro lettura ci dà però, per l'ennesima volta, il senso di quanto sia dannato il peso della vicenda storica dello stalinismo. Di un regime borghese che ha abusato per decenni dell'etichetta di socialismo, facendone scempio per poi liberarsene quando necessario, lordandone però il nome tanto da far apparire legittimo sostenere, come Augé, che “il XX secolo ci ha dimostrato l'inefficacia dell'economia socialista e la perversione delle sue conseguenze politiche” (pag. 27). Posizione che ci costringe non solo a ribadire ancora che fu nient'altro che capitalismo, ma anche a ricostruire e condividere, con tutte le difficoltà del caso, una visione autentica di cosa potrebbe essere il comunismo.

Le paure di cui parla questo libro non sono paure generiche, ma quelle dell'epoca borghese, che ha prodotto in massa un'esperienza dell'orrore e dell'angoscia della vita, che supera lo stesso timore della morte.

Augé usa su questi aspetti parole particolarmente intense: “il contrario della paura della morte non è il desiderio di morte ma l'amore per la vita, quel tenace bisogno di vivere che resiste a tante prove, anche a quella dell'isolamento, che è la più temibile e temuta” (pag. 69). E in fondo, per quanto questi termini siano inconsueti nella letteratura comunista, è proprio l'amore per la vita che fa bruciare l'urgenza della sua liberazione, che il rovesciamento di questa società di inquietudini e violenze senza precedenti renderebbe finalmente possibile.


[1] Stéphane Hessel, Indignatevi!, Add Editore, Torino 2010

[2] Su questi aspetti, cfr. Mario Lupoli, «La vita degli individui tra connessione e isolamento», DemmeD'. Problemi del Socialismo nel XXI secolo n. 6, Gennaio 2013.