1871-2011. 140 anni dalla Comune di Parigi

Stampa
Creato: 27 Luglio 2011 Ultima modifica: 17 Settembre 2016 Visite: 3243
Cogliamo l'occasione del 140° anniversario dell'assalto al cielo di Parigi per proporre il reprint de La Guerra Civile in Francia di Karl Marx. Pagina insieme eroica e tragica della nostra storia, la Comune si presentò come “essenzialmente un governo della classe operaia, il prodotto della lotta della classe dei produttori contro la classe appropriatrice, la forma politica finalmente scoperta nella quale si poteva compiere l'emancipazione del lavoro".

Il 18 Marzo di 140 anni fa veniva proclamata la Comune di Parigi. Per la prima volta nella storia il proletariato arrivava al potere. “Una guerra disgraziata con la Germania, le sofferenze dell'assedio, la disoccupazione del proletariato, la rovina della piccola borghesia, l'indignazione delle masse contro le classi superiori e contro le autorità, che avevano dato prova di assoluta inettitudine, un fermento confuso nella classe operaia che malcontenta della propria situazione, aspirava a un nuovo regime sociale, la composizione reazionaria dell'Assemblea nazionale, che suscitava timori per la sorte della Repubblica: tutti questi fattori e molti altri concorsero a spingere il popolo di Parigi alla rivoluzione del 18 marzo”. [Lenin, 1910].

Nonostante un certo sostegno iniziale da parte di strati della borghesia e delle mezze classi, la Comune si configurava inequivocabilmente come proletaria. Ben presto l'appoggio di classi aliene a quella salariata venne meno, e solo gli operai restarono fedeli a quella rivoluzione che portò alla forma politica finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l'emancipazione economica del lavoro [Marx, 1871].

La Comune ebbe vita breve. Contro di essa si unirono tutte le forze borghesi di Francia, che trovarono ben presto l'appoggio di Bismarck, e si trascinarono dietro i piccolo borghesi delle città e delle campagne. Il proletariato a Parigi fu accerchiato, e subito sconfitto anche nella altre città dove le forze della rivoluzione esplodevano. La sconfitta fu cruenta: 30.000 rivoluzionari vennero uccisi, e tra i 45.000 arrestati numerosi furono quelli che morirono per mano dei gendarmi. “In complesso, Parigi perde circa 100.000 dei suoi figli, e fra essi i migliori operai di tutti i mestieri”. Commenta Lenin: “due condizioni, almeno, sono necessarie perché una rivoluzione sociale possa trionfare: il livello elevato delle forze produttive e la preparazione del proletariato. Nel 1871, queste due condizioni mancavano. Il capitalismo francese era ancora poco sviluppato, e la Francia era ancora un paese prevalentemente piccolo-borghese (di artigiani, contadini, piccoli commercianti, ecc.). D'altra parte, non esisteva un partito operaio, la classe operaia non era né preparata né lungamente addestrata e, nella sua massa, non aveva un'idea chiara dei suoi compiti e dei mezzi per assolverli”.

E in più mancò, alla Comune, il tempo. Attaccata dal governo borghese di Versailles, la Comune “dovette, prima di tutto, pensare a difendersi. E fino ai suoi ultimi giorni, che vanno dal 21 al 28 maggio, essa non ebbe il tempo di pensare seriamente ad altro”.

E tuttavia la Comune iniziò un lavoro che “caratterizza sufficientemente il suo vero significato e i suoi scopi. Essa sostituì l'esercito permanente, strumento cieco delle classi dominanti, con l'armamento generale del popolo, proclamò la separazione della Chiesa dallo Stato, soppresse il bilancio dei culti (cioè lo stipendio statale ai preti), diede all'istruzione pubblica un carattere puramente laico, arrecando un grave colpo ai gendarmi in sottana nera.

Nel campo puramente sociale, essa poté far poco; ma questo poco dimostra con sufficiente chiarezza il suo carattere di governo del popolo, di governo degli operai. Il lavoro notturno nelle panetterie fu proibito; il sistema delle multe, questo furto legalizzato a danno degli operai, fu abolito; infine, la Comune promulgò il famoso decreto in virtù del quale tutte le officine, fabbriche e opifici abbandonati o lasciati inattivi dai loro proprietari venivano rimessi a cooperative operaie per la ripresa della produzione. Per accentuare il suo carattere realmente democratico e proletario, la Comune decretò che lo stipendio di tutti i suoi funzionari e dei membri del governo non potesse sorpassare il salario normale degli operai e in nessun caso superare i 6000 franchi all'anno [...].

Tutte queste misure dimostrano abbastanza chiaramente che la Comune costituiva un pericolo mortale per il vecchio mondo fondato sull'asservimento e sullo sfruttamento. Perciò, finché la bandiera rossa del proletariato sventolava sul Palazzo comunale di Parigi, la borghesia non poteva dormire sonni tranquilli”  [Lenin, 1910].

Per Marx, uno degli aspetti fondamentali della Comune fu l'aver dimostrato con chiarezza che il proletariato non può impossessarsi semplicemente della macchina statale per i propri fini, ma deve spezzarla, demolirla.

Lo stato della borghesia deve essere spezzato, e allo stesso tempo il proletariato deve istituire quella sua dittatura rivoluzionaria di classe [Marx, 1875] che corrisponde al semi-Stato, destinato all'estinzione, del periodo politico di transizione tra capitalismo e comunismo. “Ebbene, signori, volete sapere come è questa dittatura? Guardate la Comune di Parigi. Questa era la dittatura del proletariato”. [Engels, 1891].

Ricordando la Comune nel 140° anniversario, pubblichiamo La Guerra Civile in Francia di Marx, restando fuori da celebrazioni retoriche e dalle memorie accademiche, per farne al contrario occasione di lavoro e approfondimento teorico.

Mario Lupoli


Altre letture consigliate

Karl Marx, Friedrich Engels, Prefazione all'edizione tedesca del Manifesto del Partito Comunista, 1872

Karl Marx, Critica del Programma di Gotha, 1875

Vladimir Lenin, In memoria della Comune, 1910

Vladimir Lenin, Stato e rivoluzione, 1917

Vladimir Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, 1918

Lev Trotsky, La lezione della Comune, 1921

Giorgio Paolucci, Lo Stato nell’epoca del capitalismo monopolistico, Prometeo 6, serie IV, 1982

Giorgio Paolucci, Lo stato a due dimensioni, Prometeo 10, serie V, 1995