100 anni dalla Rivoluzione in Germania. Lezioni di una sconfitta per le vittorie di domani

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Creato: 15 Marzo 2019 Ultima modifica: 15 Marzo 2019
Scritto da Alessandro Esotico, ML Visite: 1496

1919germaniaUn secolo fa, un’ondata rivoluzionaria internazionale attraversava l’Europa. A fine 1917 il proletariato prende il potere in Russia; gli operai di tutto il mondo vedono nella pratica che sconfiggere la borghesia, dire no alla guerra e avviare la trasformazione della società è qualcosa di possibile, che i loro compagni di classe lo hanno fatto e hanno indicato come si fa. Fare come in Russia diventa uno slogan che passa di sciopero in sciopero, di assemblea in assemblea, diffondendosi tra i lavoratori di ogni Paese.

A cavallo degli anni ’18 e ’19, il proletariato si solleva in Germania. La prospettiva di saldare la rivoluzione dell’arretrata Russia e quella della più sviluppata Germania rappresentava la speranza di costruire un solido bastione socialista tra Europa e Asia, che avrebbe facilitato la vittoria internazionale del proletariato. La storia sarebbe potuta essere un’altra. In Germania perdemmo. Quella sconfitta è però straordinariamente ricca di insegnamenti: la socialdemocrazia ha irrimediabilmente tradito la causa dell’emancipazione operaia e assume il ruolo di mastino sanguinario della borghesia; i sindacati assumono un ruolo controrivoluzionario già a quest’altezza storica; il partito comunista deve arrivare alla rivoluzione con esperienza, radicamento nella classe, armato del programma rivoluzionario, centralizzato a livello internazionale. Lezioni che si sommano a quelle dell’Ottobre russo e della forma stalinista che ha assunto la controrivoluzione che lo ha sconfitto. Lezioni da cui le avanguardie rivoluzionarie devono ripartire per rilanciare le prospettive del comunismo nel XXI secolo.

 

«L'ordine regna a Berlino!» Stupidi sbirri!

Il vostro «ordine» è costruito sulla sabbia.

Già domani la rivoluzione

si ergerà nuovamente e annuncerà,

con vostro profondo orrore, con un suono di squilla:

«Ero, sono, sarò!»

  1. Luxemburg, 14 gennaio 1919

Il sangue degli uomini migliori dell'Internazionale proletaria, dei capi indimenticabili della rivoluzione socialista mondiale,

temprerà sempre nuove masse di operai

a una lotta ad oltranza.

E questa lotta condurrà alla vittoria

  1. I. Lenin, 24 gennaio 1919

Rivoluzione e controrivoluzione in Germania

La condizione in cui versa la Germania nel 1918 è esplosiva. Crisi economico-sociale e guerra vedono da una parte la borghesia affilare le armi – anche, tra l’altro, con un utilizzo spregiudicato dei suoi servitori socialdemocratici -, dall’altra un proletariato combattivo che sempre più ampiamente si mobilita per la rivoluzione socialista. Solo pochi mesi prima la rivoluzione d’Ottobre aveva portato il proletariato russo a sovvertire l’ordine costituito e prendere il potere, rappresentando così un faro e un modello per i lavoratori di ogni Paese. I moti che scoppiano in particolare in Europa sono parte di un’unica ondata rivoluzionaria internazionale. La strategia stessa dei comunisti era necessariamente internazionale e internazionalista. Già nel 1847, com’è noto, Engels mette in evidenza che la rivoluzione comunista non può verificarsi in un singolo paese. Il mercato mondiale creato dalla grande industria connette e rende omogeneo tutto il globo da un punto di vista di classe. La rivoluzione non può essere nazionale, anche partendo in una determinata area, necessariamente «avrà una grande ripercussione sugli altri paesi del mondo, e modificherà radicalmente ed accelererà notevolmente l’attuale modo di sviluppo. È una rivoluzione universale a avrà perciò una portata universale»[1].

La socialdemocrazia opportunista considera invece l’internazionalismo solo un orpello romantico da gettare alle ortiche non appena sia in ballo l’interesse dei propri padroni imperialisti. Il 4 agosto 1914 il tradimento del Partito socialdemocratico tedesco (SPD) viene conclamato. La SPD vota infatti i crediti di guerra: rompe così con ogni principio proletario e internazionalista e separa definitivamente le sue sorti da quelle dei rivoluzionari.

L’internazionalismo per il proletariato è però questione di vita o di morte. Basti volgere lo sguardo alla Russia dei Soviet e alla sua attesa febbrile della rivoluzione tedesca:

«Ci troveremo come in una fortezza assediata finché gli altri reparti della rivoluzione socialista internazionale non verranno in nostro aiuto, ma questi reparti esistono e sono numericamente più forti del nostro; essi crescono, si sviluppano e si consolidano via via che l'imperialismo prosegue le sue atrocità. Gli operai stanno rompendo con i socialtraditori, con i Gompers, Henderson, Renaudel, Scheidemann, Renner. Gli operai muovono, con passo lento ma sicuro, verso la tattica comunista, verso la rivoluzione proletaria, che sola può salvare dalla rovina la cultura e l'umanità»[2].

Nel 1915[3], a fine maggio, Karl Liebknecht è autore di un celebre volantino, simbolo dell’internazionalismo proletario sotto il fuoco della guerra imperialista e contro il tradimento socialdemocratico: «Il nemico principale è nel proprio paese!». A dicembre dello stesso anno una minoranza della SPD si oppone al rinnovo dell’appoggio alla guerra ma viene espulsa. Si forma un raggruppamento (Cooperazione socialdemocratica) da cui nascerà nel 1917 il centrista USPD (Partito socialdemocratico indipendente tedesco).

Di altro tenore la risoluta opposizione alla guerra imperialista dei militanti del Gruppo Internazionale (da cui nascerà in seguito la Lega di Spartaco); ma i comunisti restano organizzativamente uniti ai centristi all’interno dell’USPD.

Un’intensa agitazione contro la guerra imperialista e per la rivoluzione proletaria contraddistingue l’attività dei rivoluzionari tra gli operai, a loro volta impegnati in imponenti manifestazioni e scioperi.

Dal 1917 al 1918 agli scioperi proletari si uniscono manifestazioni e ammutinamenti dei marinai. La repressione si fa sempre più opprimente.

Il primo ottobre 1918 i comunisti chiamano alla rivoluzione. La borghesia coopta nel governo ministri socialdemocratici. I primi di novembre iniziano a nascere i consigli di operai e soldati, che si diffondono rapidamente in tutta la Germania. 

L’imperatore Guglielmo II è costretto ad abdicare e il Principe von Baden trasferisce al socialdemocratico Friedrich Ebert i suoi poteri di Cancelliere del Reich. Il 9 novembre nasce la Repubblica di Weimar. Socialdemocratici e centristi formano il nuovo governo, che viene appoggiato dai consigli operai; su questo sfondo, gli accordi di sindacati e borghesia dei giorni seguenti.

Le masse insorgono a Berlino. La Lega di Spartaco nasce solo l’11 novembre del 1918, restando comunque nell’USPD e non costituendosi come partito autonomo di classe. La situazione è infuocata: l’opera dei socialdemocratici non è sufficiente a sedare il proletariato, ma l’estremo ritardo nella formazione del partito comunista impedisce un’effettiva svolta negli avvenimenti in senso rivoluzionario.

Il 7 dicembre, dopo il fallimento di un colpo di stato controrivoluzionario, gli spartachisti insorgono a Berlino. I socialdemocratici indipendenti a fine mese escono dal governo, la SPD assume apertamente il ruolo di bestia rabbiosa scagliata contro i proletari. Gli scontri sono sempre più violenti e radicali.

Gli operai manifestano a migliaia, i detenuti liberati si uniscono ai manifestanti, i marinai s’ammutinano. In una memoria relativa a quei giorni si riporta:

«Ai piedi della statua di Orlando si era accovacciata un’anziana donna impaurita. Gemeva disperata “Ach du liebe Gott [per l’amor di Dio] che cos’è tutto questo? In che razza di mondo viviamo?”. Un giovane lavoratore grande e grosso, che ogni tanto lanciava grida di trionfo e avevo seguito dall’Am Brill, abbracciò la vecchia e rise sonoramente. ‘È la rivoluzione!’, tuonò, ‘La rivoluzione, signora’»[4].

Il Partito comunista nasce solo il 1 gennaio 1919. «Con Liebknecht e con gli "spartachisti"», commenta Lenin, «si schiera quanto c'è ancora di onesto e di realmente rivoluzionario tra i socialisti della Germania, si schierano tutti gli elementi migliori e più convinti del proletariato, tutte le masse degli sfruttati che fremono di sdegno e sono sempre più pronte alla rivoluzione. Contro Liebknecht sono gli Scheidemann, i Südekum e tutta questa banda di spregevoli lacchè del Kaiser e della borghesia. Sono dei traditori del socialismo come i Gompers e i Victor Berger, i Hendersonn e i Webb, i Renaudel e i Vandervelde»[5].

L’importanza della sua fondazione ha un peso subito mondiale; per Lenin costituisce già di fatto la nascita di una nuova Internazionale proletaria: «Nel momento in cui la tedesca "Lega Spartaco", con dirigenti così illustri e noti in tutto il mondo, con difensori della classe operaia così fedeli come Liebknecht, Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, Franz Mehring, ha rotto definitivamente i suoi rapporti con i socialisti del genere di Scheidemann e di Südekum, con questi socialsciovinisti (socialisti a parole e sciovinisti nei fatti) che si sono disonorati per sempre a causa della loro alleanza con la brigantesca borghesia imperialistica di Germania e con Guglielmo II, nel momento in cui la "Lega Spartaco" ha assunto il nome di "Partito Comunista di Germania", la fondazione della III Internazionale, dell'Internazionale comunista, realmente proletaria, realmente internazionalistica, realmente rivoluzionaria, è diventata un fatto. Questa fondazione non è stata ancora sancita formalmente, ma di fatto la III Internazionale già esiste»[6]. Ma è drammaticamente tardi, irrecuperabilmente tardi.

Seguono giorni infuocati, dove la borghesia è messa seriamente alle strette, ma riesce a ristabilire l’ordine.

Gustav Noske, il “mastino sanguinario”, leader socialdemocratico nominato Ministro della guerra, appoggia i Freikorps (corpi franchi), un corpo di paramilitari sguinzagliato per salvaguardare l’ordine e sedare ogni iniziativa rivoluzionaria.

I dirigenti comunisti Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht vengono barbaramente uccisi. Le mani della socialdemocrazia si macchiano del sangue dei rivoluzionari. Il «selvaggio e infame assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg per opera del governo di Ebert e di Scheidemann» fa dei socialdemocratici, commenta Lenin, dei «carnefici, che strisciano servilmente davanti alla borghesia»; «hanno permesso alle guardie bianche tedesche, cani di guardia della sacra proprietà capitalistica, di linciare Rosa Luxemburg, di colpire alle spalle Karl Liebknecht, adducendo il pretesto palesemente falso di una sua "fuga"»[7]. «Non vi sono parole», continua, «per descrivere la turpitudine e l'infamia di questo omicidio commesso da sedicenti socialisti. Evidentemente, la storia ha scelto una strada nella quale la funzione dei "luogotenenti operai della classe capitalistica" deve essere svolta sino all'"estremo limite" della ferocia, della bassezza e della vigliaccheria»[8].

La mobilitazione operaia non si ferma, ma le prospettive di prendere il potere sono ormai di fatto annichilite.

Lezioni di una sconfitta

A cavallo tra gli anni Dieci e Venti del Novecento la storia del proletariato conosce uno dei suoi svolti più significativi, ricco di lezioni e ammonimenti.

I lavoratori, trascinati nelle barricate della guerra imperialistica in nome degli interessi della borghesia, traditi dalla socialdemocrazia e pugnalati dai sindacati, al contempo riescono ad esprimere una vera e propria ondata rivoluzionaria che attraversa e sconvolge il mondo.

Le avanguardie comuniste si distinguono con nettezza dai rinnegati socialdemocratici in virtù del loro internazionalismo intransigente e per il rifiuto di qualsivoglia appoggio alla propria borghesia.

Le parole d’ordine degli internazionalisti (bolscevichi, spartachisti, sinistra d’Italia)) erano le stesse: guerra alla guerra; né un uomo né un soldo alla borghesia; nessuna fiducia nella democrazia borghese e rivendicazione di tutto il potere ai consigli proletari; il nemico principale è l’imperialismo di “casa propria”; denuncia senza compromessi della socialdemocrazia.

Era ormai apertamente di sangue la linea di classe che divideva rivoluzionari e socialdemocratici.

Momenti della stessa ondata rivoluzionaria internazionale, la rivoluzione tedesca e quella russa avrebbero dovuto saldarsi per facilitare la presa del potere da parte della classe proletaria in Europa e nel mondo intero. Arretrata e isolata, la Russia dei Soviet avrebbe trovato una via d’uscita dalle sue esiziali difficoltà nell’alleanza con una Germania socialista, un Paese con un importante tessuto produttivo, all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e scientifico, con un forte proletariato.

Ma in Germania si scontò, in particolare, il ritardo - che si dimostrerà mortale - nella formazione del Partito. Il Partito comunista tedesco sarà fondato solo il 30 Dicembre 1918, e nel giro di pochi giorni la classe operaia tedesca perde i suoi principali dirigenti, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht[9].

Il Partito tedesco, nato tardi, organizzativamente ancora debole e scarsamente coeso e centralizzato, non ebbe tempi, strumenti e modi di radicare la sua influenza nel proletariato, di contrastare efficacemente i servi della borghesia in doppiopetto socialdemocratico, di svolgere il suo ruolo nel consentire la produzione di una coscienza di classe tra i lavoratori, di orientarli alla presa del potere.

Qui la grande differenza con l’esperienza dei bolscevichi in Russia, qui la grande lezione per la rivoluzione di domani.

La sconfitta anche in Russia, d’altronde, nella forma staliniana di una controrivoluzione che si insinua e appropria dello stesso Partito bolscevico, indica la necessità che quel partito - da costruire e radicare nel proletariato prima della rivoluzione e che non deve sostituirsi ai consigli proletari - sia non nazionale, non una federazione di gruppi nazionali ma un’organizzazione centralizzata su scala mondiale.

Non ci sono garanzie organizzative contro i colpi della controrivoluzione, ma l’organizzazione, una delle armi per eccellenza della classe lavoratrice, è ciò che fa la differenza nella battaglia per l’emancipazione comunista dell’umanità. Un’organizzazione fondata sul programma comunista rivoluzionario, centralizzata su scala mondiale, radicata nel proletariato prima della rivoluzione: la condizione essenziale per la produzione di una coscienza di classe tra i lavoratori e per un’effettiva direzione delle loro lotte verso gli obiettivi storici di presa del potere e trasformazione socialista della società.

Letture suggerite

Rosa Luxemburg, La crisi della socialdemocrazia (1915)

Id., Che cosa vuole la Lega Spartaco (1918)

Id., Discorso sul Programma (1919)

Pierre Broué, Rivoluzione in Germania 1917-1923, Einaudi, Torino 1977.

Paul Frölich, Guerra e politica in Germania (1914-1918), Pantarei, Milano 1995.

Id. et al., Rivoluzione e controrivoluzione in Germania (1918-1920). Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp, Pantarei, Milano 2001.

 

[1] F. Engels, Principi del comunismo (1847), in K. Marx – F. Engels, Opere complete, Vol. VI, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 372; anche on line: Principi del comunismo.

[2] V. I. Lenin, “Lettera agli operai americani”, Pravda n. 178, 22 agosto 1918.

[3] Per la cronologia rimandiamo a Cronistoria della formazione, sviluppo e crisi del partito rivoluzionario in Germania nel decennio 1914-1924, che utilizziamo di seguito per scandire i principali passaggi storici.

[4]  J. Valtin, Out of the night, AK Press, Edinburgh, Oakland and West Virginia 2004, pp. 9-10, trad. it. da marxismo.net.

[5] V. I. Lenin, “Lettera agli operai d'Europa e d'America”, Izvestia n. 16 e Pravda n. 16, 24 gennaio 1919.

[6] Ibidem.

[7] Ibidem.

[8] Ibidem.

[9] Nel Marzo 1919 saranno ricordati come caduti della classe operaia dal Congresso di formazione dell’Internazionale comunista.