Documenti e lettere dell’addio a Battaglia Comunista

Stampa
Creato: 08 Ottobre 2013 Ultima modifica: 03 Ottobre 2016
Scritto da Istituto Onorato Damen Visite: 3615
Un abbonato a D-M-D’, nonché simpatizzante di B.C., ci scrive: “Leggo su battaglia comunista e anche sul forum che voi prima della scissione avete rifiutato tutte le possibilità di discussione, cosa rispondete?Non lo chiedo per pettegolezzo ma perché è importante la chiarezza. Sono uno che ha simpatia per battaglia ma anche un abbonato alla vostra rivista” ( e-mail firmata).

 

Sul nostro sito e sulla nostra rivista abbiamo, in più circostanze - e ci pare anche in modo alquanto circostanziato - indicato quali siano state le divergenze che hanno determinato la frattura risoltasi con la nostra fuoriuscita-espulsione dal gruppo.

 

Tutti questi scritti sono postati sul nostro sito nella sezione dedicata alla crisi della Sinistra Comunista, e già dalla loro lettura si evince che le cose sono andate diversamente. Tuttavia, non fosse altro che per soddisfare quella necessità di chiarezza che invoca il nostro abbonato, ci sembra utile sgombrare definitivamente il campo anche dal più remoto sospetto che la frattura sarebbe stata causata da circostanze prive di qualsiasi rilevanza politica, quali appunto la nostra mancata partecipazione all’Assemblea generale dei militanti (Agm) del maggio 2009, la nostra arroganza, il nostro impazzimento provincial-culturale e simili sciocchezze.

 

La frattura, in realtà, è maturata per l’emergere - nel corso del tempo - di una serie di divergenze politiche che, nonostante da parte nostra si sia fatto ogni sforzo possibile per superarle mediante un confronto franco e aperto, non vi è stato modo di ricomporre, tanto erano profonde.

 

Di quanto afferma Bc è vero solo il nostro rifiuto di partecipare all’ultima Agm, poiché era ormai evidente che la maggioranza aveva già deciso di sbatterci fuori e che non era immaginabile che ciò che non si era riusciti a fare nel corso di tre lunghi anni si sarebbe potuto fare in una mezza mattinata e, per di più, in un clima di fortissima tensione.

 

I documenti dell’epoca, e parte della corrispondenza interna al Comitato Esecutivo (Ce), che a questo punto ci sembra utile rendere pubblici, ne sono una chiara e inequivocabile conferma. Si tratta di scritti, lettere e prese di posizioni individuali e collettive che testimoniano un fatto molto semplice: a un certo punto in Battaglia Comunista non c’era questione di natura teorica, politica tattica o strategica sulla quale non vi fossero valutazioni fortemente contrastanti fra loro. Vi erano due diverse letture della piattaforma politica, due diverse interpretazioni del rapporto partito/classe, come della critica marxista dell’economia politica. Ma più in generale vi erano due diversi approcci alla stessa concezione materialistica della storia. Questa è la pura e semplice verità. Non volerne prenderne atto, come sembra faccia Battaglia Comunista, è un nascondere la testa sotto la sabbia per non ammettere che quanto è accaduto è di per sé indice di una sconfitta di portata storica, di cui la nostra vicenda ha costituito soltanto l’ultimo atto e non certo l’atto di maggior valenza. E se finora abbiamo sempre esitato a rendere pubblici questi documenti è stato proprio perché, essendone consapevoli, abbiamo ritenuto che fosse più proficuo tentare di capire le cause ultime, gli errori e i limiti politici e di elaborazione teorica che l’hanno determinata, piuttosto che impelagarci nella ricerca delle responsabilità e degli errori individuali che pure ci sono stati.

 

A differenza di Bc, che ci ritiene una combriccola di traditori al servizio della borghesia, noi respingiamo l’idea che la sua deriva verso posizioni spontaneiste e movimentiste, quando non del tutto anarco-sindacaliste, sia stata innescata da chissà quale complotto o da inconfessabili interessi personali. Quella deriva, e il successivo e prevedibile approdo alle attuali posizioni che ne fanno uno dei tanti gruppi che si agitano confusi nel variegato mondo della sinistra extraparlamentare, è stata il frutto di una precisa scelta politica fondata sull’errata convinzione – a sua volta figlia di un’insufficiente, se non del tutto assente, sistemazione teorica e politica dei dati inerenti al conflitto di classe alla luce degli ultimi sviluppi del modo di produzione capitalistico - che la causa della propria irrilevanza dipendesse dalla mancanza di una tattica più puntuale e di un adeguato marketing politico, che consentissero di agganciarsi al muoversi – peraltro tutto da dimostrare - della classe.

 

Da qui l’ossessiva attenzione alla grafica del giornale e della rivista, ma soprattutto il radicarsi dell’idea che bisognasse dare vita, a latere di Bc, a organismi quali una “Rete Internazionalista Operaia Territoriale” o una “Lega giovanile della Sinistra Comunista”, con lo scopo di rompere l’isolamento e cogliere qualsiasi refolo di vento che spirasse nella società e proveniente da qualsiasi settore di essa: il mondo del lavoro, della scuola, della cosiddetta società civile e perfino, come è arrivato a sostenere uno dei membri del C. E. di allora, dagli ultras delle tifoserie di calcio.

 

Il fatto è che, da un lato, non vi era - a causa del prevalere in una parte del nucleo storico dell’organizzazione di una lettura meccanicistica della concezione materialistica della storia - la volontà e, dall’altro, non vi era la capacità, per la totale mancanza in tutti gli elementi provenienti dai Gruppi di Lotta Proletaria (Glp) degli attrezzi necessari, di procedere a un serio bilancio critico della propria esperienza e di ammettere che fosse necessario fare Punto e a Capo.

 

E’ insomma prevalsa l’idea che l’unica cosa che contasse fosse il movimento. Anzi: la PRATICA, con la parola scritta tutta rigorosamente in maiuscolo. Invece, per chi si richiama al marxismo rivoluzionario, e ha fatto proprie le ragioni della rivoluzione comunista, comprendere le cause delle proprie sconfitte è anche un modo di cogliere sempre meglio il movimento contraddittorio della società e di conseguenza di definire con maggiore puntualità la propria azione politica in vista di una nuova partenza. Solo riconoscendo i propri limiti ed errori, infatti, è possibile separare le precedenti acquisizioni teoriche e politiche ancora valide da quelle rese obsolete dall’incessante svilupparsi del modo di produzione capitalistico. Acquisizioni che, peraltro, nel caso della Sinistra Comunista e, seppure solo fino a un certo punto, anche di Battaglia Comunista, non sono di poco conto. Insomma: non potrà darsi costruzione di un autentico partito comunista internazionalista continuando ad autocelebrarsi e autoconsolarsi per l’essere ancora in vita dopo 70 anni di controrivoluzione, peraltro dediti in gran parte a scrutare l’orizzonte in attesa della mitica ripresa della lotta di classe[1], come il tenente Drogo di Buzzati i Tartari dal deserto o il cavaliere di Matteo Bandello che: “…Del colpo non accorto, andava combattendo ed era morto”.

 

I documenti

 

Ed ora una breve presentazione dei documenti che andiamo a pubblicare. Innanzitutto una lettera ( lettera n. 1) scritta, per conto della sezione di Catanzaro, dal compagno G. P. e indirizzata a F. D. in quanto direttore responsabile e proprietario sia della testata di Battaglia Comunista sia di Prometeo, nonché autore di alcuni degli scritti da noi più fortemente contestati.

 

Poi, una lettera ( lettera n. 2) inviata al Ce, sempre per conto della sezione di Catanzaro da G. P., in vista di una riunione del Ce (ottobre 2008) alla quale egli non avrebbe potuto partecipare per motivi di salute.

 

Bc ci ha sempre accusato, per dimostrare la sua deriva verso istanze movimentiste e spontaneiste, di aver falsificato le posizioni dei nostri interlocutori estrapolando dal contesto di questo o quel documento singole frasi. Ecco, quindi, nella sua versione integrale, il testo del volantino Falsi Amici e veri nemici, distribuito, nel febbraio del 2009, a Roma, nel corso di una manifestazione della CGIL e più volte richiamato nelle nostre critiche.

 

Insieme pubblichiamo anche la nostra critica ad esso (Falsi amici e veri nemici – una critica) e la sollecitazione, rivolta alla maggioranza del Ce, di definire “una volta per tutte un percorso di effettiva chiarificazione”. Pubblichiamo anche la risposta  alla nostra critica (Falsi amici – l’anticritica ) inviata al Ce da uno dei redattori del volantino e la nostra replica a quest’ultima ( Fasi Amici – replica alla critica).

 

A riprova che le divergenze non siano insorte solo fra i catanzaresi – come Bc, con una malcelata vena razzista, usa definire in blocco i compagni dello Iod - e il resto del gruppo, pubblichiamo la presa di posizione (Note sul progetto della “Lega Giovanile della sinistra comunista”) del compagno M.L. della sezione di Napoli, fatta propria anche dalla sezione di Catanzaro. In essa si critica la proposta di un allora giovane simpatizzante di Bc di dar vita a una rete di studenti internazionalisti. Proposta concretizzatasi, dopo il nostro allontanamento, con la costituzione dei cosiddetti Amici di Spartaco.

 

Per chiudere, pubblichiamo alcune lettere e documenti relativi al dibattito sulla legge della caduta tendenziale del saggio medio del profitto, scaturito a seguito della decisione del comitato di redazione di Prometeo di non pubblicare un articolo di F. D.[2] in cui, fra un mare di marchiani errori di forma e di contenuto, si sosteneva l’assurda tesi che l’incremento del plusvalore relativo, derivante dall’incremento della produttività del lavoro, non operasse come una delle cause antagonistiche alla caduta del saggio medio del profitto, ma fosse la causa della legge enunciata da Marx nel Terzo libro del Capitale.  Fra i numerosi documenti in nostro possesso abbiamo scelto una lettera (Chiarimenti in 8 punti) inviata dall’autore dell’articolo al compagno L. P. che, nella sua qualità di membro del comitato di redazione, aveva motivato le ragioni della mancata pubblicazione dell’articolo, la risposta del Comitato di redazione (Replica agli 8 punti di F.D.) nonché la critica di C.B. (Critica all’appendice) a quella che poi abbiamo pubblicato come appendice al nostro volume La crisi del Capitalismo e Il crollo di Wall Street e la nostra replica ad essa ( Un’anticritica).

 

Dal punto di vista dei contenuti, i documenti che pubblichiamo a questo riguardo non aggiungono molto a quanto abbiamo già scritto subito dopo la nostra fuoriuscita-espulsione (Dolore e nuova vita). Tuttavia riteniamo utile pubblicarli sia perché costituiscono la conferma che anche in questo caso l’accusa che ci viene mossa di aver rifiutato tutte le possibilità di discussione è assolutamente falsa, sia perché vi si coglie, diciamo così per non infierire, il grande smarrimento teorico dei nostri interlocutori, tale da rendere impossibile qualsiasi approfondimento della questione dovendo ogni volta ritornare all’abc della critica marxista dell’economia politica. E, peraltro, senza apprezzabili risultati. Infatti ancora oggi lo stesso autore, dopo averci donato un arricchimento della critica marxista dell’economia politica con la scoperta di una nuova categoria economica: il saggio del plusvalore (relativo), ribadisce la tesi che [l’] “incremento della produttività (del lavoro – ndr)” opererebbe quale causa antagonistica della legge solo se “basato sul plusvalore assoluto (prolungamento della giornata lavorativa)[3]. Ora, al di là dell’inversione dei termini della relazione che intercorre fra l’incremento del plusvalore e quello della produttività del lavoro (sostenere che il secondo è basato sul primo equivale a dire che è la velocità di un veicolo a determinare l’incremento della potenza del suo motore e non viceversa), qui si confonde la quantità delle merci prodotte con la produttività del lavoro. Infatti, può darsi un incremento delle quantità di merci prodotte anche senza incremento della produttività del lavoro o anche con una sua contrazione. Per esempio, se un operaio produce mediamente 10 sedie ogni ora, data una giornata lavorativa di 8 ore, egli, nell’arco della giornata lavorativa, produrrà complessivamente 80 sedie. Ma 100 se la giornata lavorativa viene prolungata a 10 ore, benché la produttività del lavoro rimanga la stessa. In altri termini, con il prolungamento della giornata lavorativa si ha sì un incremento delle quantità prodotte ma non l’incremento della produttività del lavoro. Tant’è –come dicevamo sopra- che si può avere un incremento delle quantità prodotte anche nel caso di una diminuzione di quest’ultima.

 

Supponiamo infatti che a seguito del prolungamento della giornata lavorativa l’operaio, perché più stanco, anziché produrre mediamente 10 sedie ogni ora ne produca 9, la produzione complessiva risulterà aumentata (da 80 a 90 sedie) ma la produttività del lavoro sarà diminuita (da 10 a 9 sedie ogni ora).

 

Come dicevano i latini, errare humanum est e una svista può capitare a tutti. Ma qui si persevera nell’errore nonostante la sua evidenza. E ancor più sconcerta che a non accorgersene sia un’intera organizzazione.  Trionfa la PRATICA e Marx cade nell’oblio, e con lui anche l’aritmetica.




 

[1] Vedi C. Beltrami – Contro venti e maree – Per i 70 anni del Pc.int – Prometeo n. 9/2013.

 

[2] Si tratta dell’articolo La caduta del saggio medio del profitto, La crisi e le sue conseguenze apparso, poi dopo il nostro allontanamento, su Prometeo n.1/2009.

 

[3] Fabio Damen - La caduta del saggio medio del profitto, la crisi e i “negazionisti” - Prometeo n. 7/2012