Il sacro e la coscienza

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Creato: 25 Luglio 2014 Ultima modifica: 17 Settembre 2016 Visite: 2984
coscienzaesacroIl capitolo sul Sacro contenuto ne L'enigma del dono di Maurice Godelier[1] offre alcuni spunti su cui soffermarci, che ci permettono di arricchire, indipendentemente dalle posizioni dell'autore, la base di riflessione e confronto sul tema della coscienza che andiamo sviluppando sulla rivista DemmeD1.
Nella prima parte di Classe, coscienza e potere[2] abbiamo, tra l’altro, affrontato il tema dell’ideologia e quello del carattere feticistico delle merci.

In estrema sintesi, si è visto come la realtà nella società capitalistica appaia, si manifesti, in un modo determinato: questo modo fa sì che i reali rapporti sociali siano sempre dissimulati, non chiari (opachi).

La coscienza spontanea non “si sbaglia” percependo illusoriamente qualcosa di irreale; è che, ripetiamo, il modo in cui appare la realtà nella società capitalistica (e non potrebbe apparire in altro modo) lascia sempre non chiari i reali rapporti sociali.

Di conseguenza il lavoro degli ideologi non è di cospirare e poi elaborare e diffondere fantasiose rappresentazioni di una realtà che non esiste. A ben guardare, questo presuppone una concezione risibilmente puerile della lotta di classe, con una borghesia che, dopo aver complottato, decreta segretamente di mettere a libro paga questo o quell’ideologo servile, con lo scopo esplicito d’imbrogliare i lavoratori.

Ciò che accade è più complesso. La realtà si manifesta necessariamente in maniera dissimulata a ogni coscienza spontanea, non selettivamente alla tuta blu: di conseguenza manca a ogni coscienza spontanea la chiara visione dei rapporti sociali, e quindi è doppiamente risibile personificare la lotta di classe con Soggetti che tramano, cospirano, pagano e imbrogliano. Su questa opacità, questa non chiarezza - che è propria del capitalismo che rende oscuri i rapporti tra uomini, che appaiono come rapporti tra cose - si sviluppa il lavoro degli ideologi. Questo lavoro, consapevole o meno, non è però senza risultato, ma al contrario opera con grande potenza nell’allargare e approfondire questa dissimulazione.

Anche per questo nell’articolo citato (al quale rimandiamo) abbiamo contestato la tesi secondo la quale la teoria del feticismo delle merci rappresenti una sostituzione del concetto che Marx espresse da giovane di “ideologia” come “falsa coscienza”, tesi secondo la quale il concetto di dissimulazione rimuoverebbe quello di mistificazione, almeno in gran parte. Nell’articolo citato abbiamo invece assunto come orientamento teorico l’idea che “non si escludano e che anzi possano rappresentare momenti di un'elaborazione complessiva”.

Nel Capitale Marx trova un'analogia tra questo fenomeno di necessaria dissimulazione e le “regioni nebulose della religione”.

Nella religione accade che i “prodotti della mente prendono forma di esseri dotati di vita propria, di esistenza indipendente, e di esseri collegati tra loro e con gli uomini”. Allo stesso modo la relazione sociale tra gli uomini appare oggi in una “forma fantasmagorica di una relazione fra oggetti materiali”. Sono fenomeni feticistici analoghi[3].

Nel suo Feticismo, religione e teoria generale dell'ideologia in Marx[4], Godelier aveva ben evidenziato come lo sviluppo della divisione in classi della società avesse comportato “una nuova tappa del pensiero religioso che porta alla divinizzazione degli stessi rapporti sociali nella persona di coloro che dominano la società....”. Continua l'articolo: “uno dei punti principali di questa tesi di Marx consiste nel sottolineare che l'ideologia religiosa è la forma dominante della ideologia spontanea dei popoli primitivi e che tale rimane per gran parte delle fasi ulteriori dello sviluppo storico fino al capitalismo”. Per gli uomini primitivi, quindi, natura e società prendono spontaneamente forme sacre, una sacralizzazione che resiste ai secoli fino, appunto, al capitalismo.

Ma cos'è il sacro? Nel più recente “L'enigma del dono” si propone la seguente definizione: si tratta di “un tipo di rapporto degli esseri umani con l'origine delle cose, rapporto in cui gli esseri umani scompaiono e al loro posto appaiono dei doppi, degli esseri umani immaginari. Il sacro può apparire solo se scompare qualcosa di mano. L'essere umano che scompare è l'essere umano coautore, con la natura, di se stesso, l'essere umano autore della propria modalità di esistenza sociale, del proprio essere sociale... Lo sdoppiamento dell'essere umano porta con sé un'alterazione, un occultamento del reale e un capovolgimento dei rapporti di causa-effetto”. (pag. 231).

Ci soffermiamo, seppur brevemente, sul sacro per tre motivi. I primi due attengono alla sua stessa natura: perché investe sia il rapporto con la natura sia i rapporti sociali (che con lo sviluppo delle società classiste vengono a loro volta sacralizzati). Il terzo motivo è la sua analogia con i fenomeni di rovesciamento operanti nella società capitalistica per il carattere feticistico delle merci.

Nel rovesciamento del sacro “tutto avviene quindi come se la società umana non potesse esistere senza fare scomparire dalla coscienza la presenza attiva dell'essere umano all'origine di se stesso. Tutto avviene come se la società non potesse sussistere senza reprimere nell'inconscio collettivo e individuale, al di là della coscienza, l'azione dell'essere umano all'origine di se stesso” (pag. 232). Questo punto ci sembra particolarmente interessante. Non è un meccanismo della mente che fa scomparire gli esseri umani reali e lascia spazio a esseri immaginari. E' la società, a quello stadio di sviluppo, come “totalità che trascende gli individui e fornisce loro le condizioni materiali e culturali di esistenza” (ibidem), che per essere prodotta e riprodotta ha bisogno di rimuovere gli esseri umani reali e introdurre gli esseri immaginari. Durkheim affermava che la società è l'origine del sacro. Per Godelier però non basta. “Bisogna anche dimostrare che il sacro sottrae alla coscienza collettiva e individuale qualcosa del contenuto dei rapporti sociali, qualcosa di essenziale per la società, e che così facendo il sacro altera il sociale, lo rende opaco. Occorre andare ancora oltre e dimostrare che nella società esiste qualcosa che fa parte dell'essere sociale dei membri che la compongono e ha bisogno di opacità per prodursi e riprodursi. Sarebbe quindi fondamentalmente per ragioni sociali che il sociale sottrae a se stesso, si opacizza, si sacralizza” (pag. 233).

Si contribuisce così ad evitare una metafisica materialistica dove la Società sottrae “agli esseri umani qualcosa di sé”: “sono gli esseri umani reali a sottrarsi tra loro qualcosa dei loro rapporti sociali” (pag. 234), o perché qualcosa scompare dalle rappresentazioni della realtà, o perché qualcos'altro compare in quanto necessario e indispensabile per l'esistenza sociale.

Si possono cogliere adesso similitudini e differenze con l'epoca attuale. La rivoluzione borghese del 1789 in Francia è la prima che respinge ogni religione. La ragione è il nuovo riferimento, però la religione non scompare, né in generale perdono terreno le ideologie (la stessa mitica Ragione illuminista è ideologica).

E' ancora in Feticismo, religione e teoria generale dell'ideologia in Marx che Godelier riconduce il pensiero mitico-religioso, quello filosofico e quello scientifico alla stesso bisogno: “spiegare il mondo, scoprire le cause dei fenomeni e le loro relazioni”. Ma, spiega, il pensiero mitico-religioso, personalizzando esseri immaginari, attribuisce loro un'intenzionalità ben precisa e quindi azioni conseguenti: insomma, esseri sovrannaturali vogliono e agiscono. Il pensiero filosofico e (soprattutto) quello scientifico eliminano progressivamente l'intenzionalità e rappresentano “rapporti non intenzionali tra le cose e tra gli uomini”. Ma la religione non scompare, dicevamo sopra, anzi la borghesia ha dimostrato ben presto di saperla recuperare come proprio strumento di conservazione.

D'altra parte, nessuna ideologia, religione inclusa, riflette meccanicamente la struttura economica della società: se ci attendessimo una corrispondenza diretta non coglieremmo né il significato effettivo della concezione materialistica della storia, né comprenderemmo il carattere multiforme e plastico delle ideologie.

Rimuovendo l'intenzionalità del divino, il pensiero scientifico non può rimuovere il pensiero religioso a un livello di massa. Né a maggior ragione è col solo pensiero scientifico che le nebbie ideologiche nel loro complesso possono venire disperse. Il loro fondamento, abbiamo visto, semplicemente non è su quel piano: non è nelle menti, ma nella maniera determinata e necessaria di manifestazione delle relazioni reali in una formazione economico-sociale data.

Feticismo delle merci, ideologie e la loro forma religiosa, possono venir meno (senza alludere a processi meccanicistici), come abbiamo già sottolineato in Classe, coscienza e potere, solo se le stesse relazioni dissimulate (fra uomini, e fra uomini e natura) diventano chiaramente intellegibili e razionali: se i rapporti capitalistici vengono spezzati, se quindi scompaiono le merci con il loro intrinseco carattere feticistico, e attraverso questa rivoluzione si libera lo sviluppo di un modo di produzione associato razionalmente governato dagli stessi liberi produttori. E' in questa direzione che deve quindi proseguire il nostro lavoro.



[1] Maurice Godelier, L'enigma del dono, Jaca Book, Milano 2013. Naturalmente, considerando di seguito alcuni passaggi del lavoro di Godelier e ritenendone utili alcuni nodi, non intendiamo sostenerne le posizioni complessive, né riportarne integralmente il pensiero né ricostruirne le tappe.

[2] M. Lupoli, «Classe, coscienza e potere», parte I, DemmeD1 - Problemi del socialismo nel XXI secolo, n. 8, 2014

[3] K. Marx, Il Capitale, Libro I, Editori Riuniti, Roma 1970, pagg. 104-105

[4] M. Godelier, «Feticismo, religione e teoria generale dell'ideologia in Marx», Annali Feltrinelli, Milano 1970. Ora disponibile in Millepiani, n.21, 2002.